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Март
2021

Covid-19: quali sono gli effetti collaterali sul cervello di bambini e ragazzi?

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Isolamento sociale, mancanza di contatto fisico, didattica a distanza: alla luce delle nuove restrizioni, un’esperta di neuroscienze ci aiuta a capire le conseguenze che queste situazioni possono avere sullo sviluppo di bambini e adolescenti ma anche quello che si può fare per arginare i rischi

Irritabilità, alterazioni del sonno e disturbi d’ansia: ad indagare gli effetti del lockdown su bambini e ragazzi era stato un sondaggio condotto dall’Ospedale Gaslini di Genova a circa tre settimane di distanza dal primo blocco d’emergenza dello scorso marzo-aprile. Dai dati raccolti in quell’occasione era emerso come la situazione di confinamento avesse determinato una condizione di stress notevolmente diffusa, con ripercussioni significative a livello non solo della salute fisica ma anche di quella emozionale-psichica dei genitori e dei bambini.

Alla luce delle nuove restrizioni di questo periodo, è lecito dunque tornare a chiederselo: quanto e in che modo peserà questa situazione su bambini e ragazzi?

Una risposta arriva dalle neuroscienze che offrono un quadro preciso di come reagisca il cervello dei piccoli e degli adolescenti in situazioni di deprivazione sociale, mancanza di contatto fisico ma anche semplicemente durante una classica lezione a distanza davanti allo schermo di un pc.

A parlarcene è la dottoressa Marcella Mauro, psicologa e pedagogista di Humanitas Medical Care e coordinatrice del Centro di Neuropsicologia per l’Apprendimento. Con il suo aiuto abbiamo cercato di capire perché la pandemia e i cambiamenti che ha comportato nelle nostre vite possano mettere a rischio in modo particolare la salute psico-fisica delle nuove generazioni e quello che possiamo fare per arginare i rischi. Partendo da un presupposto fondamentale:  la situazione che stiamo vivendo potrebbe anche essere l’occasione giusta per riflettere sui fenomeni di iperconnessione e isolamento sociale che cominciavano a costituire un problema già prima dell’emergenza sanitaria.

Distanziamento sociale: le ripercussioni sui bambini

Si è spesso parlato di come il distanziamento sociale, vissuto da tutti come un enorme limite, abbia finito per pesare soprattutto sui più piccoli, privati delle possibilità di stare con i loro coetanei in un’età in cui, lo scambio sociale, rappresenta una componente fondamentale dello sviluppo. Perché è così importante per i bambini la dimensione della socialità?

«Tutti hanno bisogno di interazioni sociali per rimanere mentalmente forti ma per i bambini piccoli in particolare imparare a connettersi con gli altri ha un’importanza vitale – spiega la dottoressa Mauro – L’infanzia è infatti il periodo in cui i bambini imparano a navigare in situazioni sociali, imparano a stare con gli altri, a rispettare i turni, a sviluppare le abilità di comunicazione e anche a tollerare la frustrazioni. Semplici lezioni che sono però fondamentali per uno sviluppo sano».

La perdita del contatto fisico e le conseguenze sullo sviluppo

Al distanziamento sociale, in epoca Covid, si accompagna anche la mancanza di contatto fisico, il cui potere, spesso sottovalutato, ha un ruolo determinante, soprattutto sulla psiche dei piccoli, perché migliora l’empatia e la capacità di relazionarsi con gli altri ma non solo.

«Il contatto fisico in generale e in particolare l’abbraccio sono la forma più importante di stimolazione per lo sviluppo fisico ed emotivo del bambino – spiega l’esperta – Nel momento del contatto pelle a pelle o del bacio si attiva una risposta fisiologica nel cervello del bambino che consolida così lo sviluppo cognitivo e sociale. L’abbraccio, inoltre, innesca un aumento dei livelli di ossitocina, un neurotrasmettitore che produce sentimenti di calma e soddisfazione e che disattiva l’area del cervello responsabile della paura».

La perdita della socialità può avere effetti sul cervello degli adolescenti?

Distanziamento e lockdown pesano oggi in modo particolare anche sugli adolescenti e preadolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo dei pari è vissuta come essenziale. La chiusura forzata potrebbe dunque aggravare quel senso di solitudine frequente nella fase dello sviluppo.

«L’adolescenza è un periodo ancora più delicato – spiega l’esperta – e questo potrebbe dipendere in parte proprio dallo sviluppo del cervello sociale, ovvero di quelle aree cerebrali coinvolte nella percezione sociale e nella cognizione, indispensabili per comprendere gli altri. Per questo è vero che l’allontanamento fisico e la deprivazione sociale di questo periodo potrebbero avere effetti significativi sul cervello di ragazzi e adolescenti. Senza contare che è proprio lo scambio con il gruppo dei pari a favorire lo sviluppo dei giovani adulti indipendenti, promuovendo in loro un senso più completo di identità sociale».

Anche in questo caso, purtroppo, i dati a disposizione non sembrano essere confortanti: come ha infatti sottolineato di recente il  professor Renato Borgatti, direttore del dipartimento di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Fondazione Mondino IRCCS, il malessere riscontrato dai ragazzi nel primo lockdown sembrerebbe essersi trasformato in vera patologia, tanto che le richieste di ricovero per psicopatologie con “attacco al corpo”, ossia con atti di autolesionismo, sembrerebbero essere significativamente aumentate.

«È importante notare tuttavia – ricorda la dottoressa Mauro – che tale situazione potrebbe non influenzare tutti gli adolescenti alla stessa maniera, non si deve generalizzare. Gli adolescenti che vivono in famiglia ad alto funzionamento e che hanno relazioni positive con i loro genitori, con i fratelli o con chi si prende cura di loro in generale, potrebbero essere meno colpiti dai danni della distanza fisica rispetto a chi non ha relazioni familiari positive».

I limiti della didattica a distanza: davanti a un video i meccanismi cerebrali cambiano

Un nodo centrale della questione riguarda la chiusura delle scuole e l’attivazione della didattica a distanza, con le sue potenzialità certo, ma anche con i suoi molti limiti.

Ancora una volta, sono le neuroscienze a spiegare in modo piuttosto chiaro l’inefficacia delle lezioni virtuali con cui si stanno confrontando milioni di studenti e a fornire degli spunti utili per cambiare quello che oggi non sembra funzionare.

«In classe avviene un processo di sintonia intuitiva e progressiva – spiega l’esperta – la percezione dei comportamenti dell’insegnante genera una situazione di contagio emotivo che si diffonde tra individui del gruppo. A spiegare questo fenomeno sono i cosiddetti neuroni a specchio, responsabili di quei meccanismi che ci permettono di cogliere le emozioni  e le intenzioni dell’altro. Ebbene nelle aule virtuali questi processi si riducono notevolmente.  Non è possibile utilizzare il contatto visivo, leggere i messaggi non verbali, cogliere le sfumature del linguaggio: tutti strumenti indispensabili per generare attenzione condivisa, potenziare l’impegno del gruppo stesso e la creatività. Le lezioni così sembrano tutte uguali e gli studenti perdono il loro interesse. La DAD ha grandi potenzialità ma richiede un lavoro serio di progettazione che tenga conto di quelle che sono le più importanti ricerche delle neuroscienze».

L’importanza di parlare con i bambini chiaramente

Un aspetto da non sottovalutare, infine, è anche l’importanza di rendere partecipi i bambini di ciò che sta accadendo, in modo adeguato ma sincero. Spesso, infatti, nel tentativo di proteggere i bambini, si tende a evitare l’argomento pandemia, senza sapere che quando queste informazioni vengono a mancare i bambini cercano di dare un senso alle situazioni da soli con effetti che possono essere negativi.

«I bambini hanno bisogno di spiegazioni oneste riguardo ai cambiamenti, specialmente quelli che avvengono in famiglia – chiarisce l’esperta –  Dai 2 ai 6/7anni circa, la comprensione dei bambini è influenzata da quello che viene chiamato il pensiero magico, un concetto che descrive la convinzione del bambino che le cose inanimate abbiano una volontà, a cui attribuisce i suoi stessi vissuti. Ogni cosa può influire sulle altre al di fuori delle regole logiche su cui si basa il pensiero dell’adulto. Avendo i bambini una scarsa comprensione di come si diffonde la malattia, il rischio è dunque quello che finiscano con il rimproverare se stessi, arrivando addirittura a vedere la malattia di un familiare come una punizione per un loro cattivo comportamento».

I consigli per arginare i rischi

Da tutte queste considerazioni emerge un quadro tutt’altro che confortante sulla situazione vissuta oggi da bambini e ragazzi. «Tuttavia – raccomanda la dottoressa Mauro –  preoccuparsi troppo degli effetti a lungo termine dell’isolamento sociale sui più giovani, non è il modo migliore per affrontare il problema in questo momento».

Cosa fare dunque?

«Che si tratti di bambini o adolescenti – continua l’esperta – la chiave è rimanere positivi e mantenere alta la comunicazione all’interno della famiglia. Una buona comunicazione può fare infatti la differenza tra un bambino che vede il lato positivo o che scivola invece in uno stato di paura».

La raccomandazione dell’esperta è dunque quella di imparare a prendersi cura di sé così da poter fornire anche a bambini e ragazzi un supporto quanto più sereno possibile. “Siamo in grado di prenderci cura al meglio dei nostri bambini e ragazzi – spiega la Dottoressa Mauro quando ci prendiamo davvero cura di noi stessi. Senza dimenticare che il linguaggio positivo, l’ascolto attivo e l’empatia aiutano a mantenere un ambiente familiare sereno anche in tempi stressanti come questi».

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