Quello che Meghan e Harry dovrebbero imparare dall’ultimo che ha lasciato la royal family
Riassunto delle puntate precedenti: il principe Harry, dopo aver trattato con la nonna-regina le condizioni della «fuoriuscita» dalla famiglia reale, ha preso un volo per Vancouver e ha raggiunto Meghan e Archie in Canada. È li che i tre vivranno, a meno di altri eclatanti colpi di scena, dopo aver rinunciato a essere membri senior dei Windsor. Il secondogenito di Carlo e Diana così ha dovuto dire addio al titolo di «Sua Altezza Reale», ricevuto per nascita: non potrà più usarlo. E a tutti i titoli militari, e alla sua posizione di working royal.
La decisione di Harry (e di sua moglie Meghan) di non lavorare più come membro della famiglia reale britannica ricorda più di ogni altra cosa l’ultimo caso di rinuncia alla vita reale per amore. Era il 1936, ricordiamo, quando re Edoardo VIII – zio di Elisabetta II – abdicò per poter sposare Wallis Simpson, che come Meghan era una divorziata americana. Dopo la rinuncia al trono, Edoardo e Wallis diventarono «solo» il duca e la duchessa di Windsor e hanno vissuto per gran parte della loro vita in esilio, in Francia.
Da loro quindi i «nostri» Harry e Meghan potrebbero imparare un bel po’ di «lezioni» sulla vita post-reale. Perché se è vero che Harry non sarebbe mai diventato re, è altrettanto vero che è sempre stato un principe molto amato. Un principe che, come fa notare Anna Pasternak, l’autrice inglese di La vera Wallis Simpson: la nuova storia della divorcée americana che è diventata la duchessa di Windsor, ha «abbandonato il suo popolo, il suo prestigio e la sua posizione per intraprendere una nuova vita lontano dal Regno Unito con la donna che ama».
Harry, poco prima di lasciare Londra, ha rotto il silenzio, pronunciando un commovente discorso di «abdicazione». Ha spiegato di amare profondamente il Regno Unito e di provare una «grande tristezza» per l’addio alla vita reale. Harry, inoltre, ha fatto sapere di «non avere altra scelta». Lui e Meghan firmeranno ora accordi economici vantaggiosi, e probabilmente la loro ricchezza privata diventerà sempre più consistente, ma secondo Pasternak non devono appunto dimenticare l’esempio di Edoardo e Wallis: i due divennero celebrità ma furono sempre «insoddisfatti» e desiderosi di ritornare in Inghilterra nonostante l’esilio. L’ex re, continua, «ha sempre desiderato ardentemente la la struttura e il sostegno della vita reale.
Alla base del matrimonio tra Wallis ed Edoardo, che la royal family non avrebbe mai permesso e che i due hanno celebrato dopo l’abbandono, c’è così sempre stato un profondo senso di colpa. «Edoardo», ha aggiunto ad Abc la scrittrice britannica, «aveva trasformato Wallis nella donna più odiata al mondo, e lei si è sempre sentita responsabile per averlo portato via dal suo Paese». Di conseguenza il loro matrimonio divenne una sorta di compensazione: doveva funzionare per forza, non potevano permettere che un sacrificio di proporzione monumentale diventasse vano.
E questa mentalità di «siamo solo noi contro il mondo», che possiamo ritrovare facilmente nei Sussex, crea inevitabilmente una grossa pressione coniugale. Wallis, ricorda Pasternak, «si sentiva spesso soffocata dalla costante presenza del marito ma non fece mai nulla per cambiare le cose». Meghan, a differenza della duchessa di Windsor, è una donna moderna con una carriera e un figlio. Nel nuovo ruolo che svolgerà deve però ricordarsi di «salvaguardare la felicità di Harry». Siamo tutti d’accordo: per il figlio di Carlo e Diana sarà più difficile. Senza la sua famiglia e senza l’elenco dei compiti reali da svolgere, il 35enne deve trovare un nuovo scopo. Perché se la borghese Meghan ha un passato lavorativo da attrice, Harry ha solo trascorso alcuni anni nell’esercito, non ha altra esperienza della vita da non reale.
Wallis una volta raccontò allo scrittore Gore Vidal che la mattina dopo essersi sposati, si svegliò e trovò suo marito in piedi accanto al letto: «Mi guardava con un sorriso innocente che voleva dire “E ora cosa facciamo?”. Il mio cuore fece un balzo. Accanto a me c’era qualcuno il cui quotidiano era sempre stato organizzato da altri e ora ero io quella che avrebbe dovuto prendere il posto dell’intero governo britannico, cercando di pensare alle cose da fare». La storia si ripete.
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