Agea, l'agenzia che non fa bene all’agricoltura
Una macchina, quella dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, che ha gestito quasi 20 miliardi di euro dal 2014 al 2020. E sarà ancora più importante in tempi di Recovery plan, perché è l'organismo italiano che provvedere all'erogazione di aiuti, di contributi, di premi e di interventi comunitari alle imprese agricole. Inoltre gestisce fondi pubblici e programmi di miglioramento per la qualità dei prodotti. Una struttura imponente che, stando ai risultati finora ottenuti (l'ultimo aggiornamento è di fine 2018), non funziona, lasciando impantanati un'ampia quota dei finanziamenti europei, più del 70 per cento di quelli a disposizione, equivalenti a oltre 7 miliardi di euro sui 10 a disposizione.
Non solo: non brilla nemmeno in termini di trasparenza, vista l'impossibilità di consultare tutti gli ultimi bilanci. Nel frattempo, come se non bastasse, stanno fioccando ricorsi in tribunale per il cambio delle normative dei Centri di assistenza agricola (Caa): sono il tramite tra gli agricoltori e gli enti che gestiscono e finanziano i programmi. In sintesi, sta per andare in panne pure il meccanismo che distribuisce i fondi.
Benvenuti nel mondo dell'Agea, un ente che ha un impatto economico notevole sul Pil e sull'occupazione in generale, vista l'importanza dell'agricoltura. L'Agenzia è guidata da Gabriele Papa Pagliardini, nominato nel 2019 dall'ex ministra delle Politiche agricole, la renziana Teresa Bellanova, con un ragguardevole stipendio da 219 mila euro all'anno.
Sotto la sua direzione, come accennato, la chiarezza di gestione non ha fatto registrare passi avanti. Anzi. Sul sito di Agea, l'ultimo bilancio consuntivo pubblicato risale al 2019, mentre il bilancio preventivo più recente è quello dello scorso anno. Tanto che la Corte dei conti, nell'ultima relazione stilata, denuncia «specifiche criticità con riferimento alle dinamiche della gestione del bilancio, alcune delle quali di carattere strutturale, tra cui la mancata approvazione di un regolamento contabile aggiornato all'attuale panorama normativo (il regolamento vigente risale al 2008)». Insomma le regole sono ferme a 13 anni fa. E nel dettaglio la magistratura contabile sottolinea «il mancato rispetto dei termini di approvazione del bilancio preventivo e consuntivo, con tutte le conseguenze a questo connesse anche in termini di efficiente gestione dell'attività di programmazione e, quindi, del complessivo sistema di bilancio».
Il motivo? Per quanto riguarda l'assenza di informazione sui contratti di appalto, il problema, riferisce l'Agea, è «l'obsolescenza dell'infrastruttura tecnologica su cui vengono caricati i contenuti» che «non consente una gestione efficiente dei numerosi dati da pubblicare». Basterebbe svecchiare un po' la struttura informatica: non un'impresa titanica. La mancanza di informazioni si riverbera poi sulla possibilità di conoscere nomi e cognomi dei collaboratori e dei consulenti con un rapporto diretto con l'Agenzia. Per carità, negli anni a disposizione (l'ultimo è il 2019) c'è stata una spesa minima, di 15 mila euro, per un solo rapporto di lavoro esterno. E se già il problema della trasparenza è rilevante, ancor più preoccupano le risorse non spese. Anche in questo caso la magistratura contabile ci è andata giù duro.
Si legge: «Dalla documentazione emerge che l'importo del finanziamento Ue utilizzato dall'Italia (Programmi nazionali e Regioni e Province autonome), al 31 dicembre 2018, ammonta ad euro 2 miliardi e 953 milioni a fronte del finanziamento comunitario di euro 10 miliardi e 444 milioni». Insomma: oltre 7 miliardi che rischiano di essere persi.
Perciò c'è l'invito ad «adottare, per quanto di propria competenza, misure organizzative e provvedimenti funzionali a prevenire e/o evitare le conseguenze pregiudizievoli conseguenti all'incapacità di spendere, nei tempi assegnati, i finanziamenti Ue».
Infine, un'altra grana si sta abbattendo sull'Agenzia: le nuove regole sui Centro di assistenza agricola hanno trovato lo stop dei Tar, così la questione è finita al Consiglio di Stato. La riforma voluta da Papa Pagliardini, con la benedizione di Bellanova, prevede che gli operatori dei Caa, come tutti coloro che accedono ai sistemi informativi di Agea, siano obbligatoriamente dipendenti degli stessi Caa o delle società con loro convenzionate. I liberi professionisti non potrebbero operare da freelance, restringendo la platea dei potenziali beneficiari. «Una misura che esclude migliaia di lavoratori in barba ai principi costituzionali. È scandaloso» dice a Panorama Saverio De Bonis, senatore della commissione Agricoltura.
Da qui i tanti ricorsi presentati al Tar che rischiano di paralizzare ulteriormente il lavoro di Agea. «Se l'attuale ministro Patuanelli vuole distinguersi dai predecessori» aggiunge De Bonis «deve risolvere i guasti della gestione di Bellanova e della direzione di Papa Pagliardini, anche se Agea ha fatto appello al Consiglio di Stato». n
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