Finto broker e fideiussioni false: l'imprenditore udinese D’Odorico condannato a due anni

foto da Quotidiani locali

UDINE. «Con il mio gruppo d’intermediazione finanziaria e immobiliare, disponevo di un file clienti che contava tra le 10 e le 12 mila aziende e fatturavo oltre 400 milioni di euro l’anno. Conoscevo tutto il mondo finanziario e ho firmato personalmente fideiussioni per aiutare chi ne aveva bisogno. Che interesse avrei avuto a predisporne di false?»

Daniele D’Odorico, l’imprenditore udinese di 52 anni che da qualche tempo ha spostato la residenza in Russia (è iscritto all’Aire), ma che in molti conoscono per l’attività svolta per anni dal quartier generale in via del Cotonificio e per essere stato il proprietario del Gallipoli calcio, ha atteso la fine della discussione per dire finalmente la sua. Parlando a ruota libera, com’è nel suo stile. Ma senza con ciò cambiare le sorti del processo che lo vedeva accusato di concorso in truffa ed esercizio abusivo dell’attività di broker.

La sentenza di condanna del giudice monocratico Roberto Pecile è arrivata dopo meno di mezz’ora di camera di consiglio: due anni di reclusione e 4 mila euro di multa (tenuto conto dello sconto di pena previsto dalla scelta del rito abbreviato), oltre al pagamento di 150 mila euro alla “Lama srl” di Palmanova, a titolo di risarcimento del danno patito, che D’Odorico dovrà versare in solido con il coimputato Agatino Spampinato, 43 anni, di Catania, chiamato a rispondere di una sola ipotesi di truffa (quella ai danni della Lima, appunto) e al quale sono stati inflitti 8 mesi di reclusione e 400 euro di multa.

Il pm onorario Laura Martin aveva chiesto rispettivamente 3 e 1 anno di reclusione. Le difese, rappresentate da Massimiliano Basevi (per D’Odorico) e Sergio Ziccone (per Spampinato), avevano concluso per l’assoluzione dei rispettivi assistiti, insistendo in particolare sull’assenza della prova “madre” per l’ipotesi della truffa e sull’inattendibilità della teste “chiave” degli inquirenti, ossia dell’allora segretaria di Giovanni D’Odorico (il padre di Daniele, nel frattempo deceduto), nonché all’epoca fidanzata di Daniele D’Odorico. Scontati gli appelli.

Il procedimento era partito dalle querele presentate nel 2016 da Lama, costituitasi parte civile con l’avvocato Giovanni Borgna, e dal “Consorzio Lido Moreri” di Grado, rappresentato dall’avvocato Sara Bernardis, che all’udienza del 6 novembre 2019 aveva revocato la costituzione a seguito dell’avvenuto ristoro di una parte della somma in contestazione (a fronte dei 125.283 euro versati a D’Odorico).

Mercoledì 2 dicembre lo stesso avvocato Bernardis ha comunicato al giudice l’ulteriore revoca della costituzione della “Immobiliare Limbara srl” di Udine, a sua volta truffata, sulla scorta dell’accordo transattivo nel frattempo raggiunto con controparte (in questo caso la somma a suo tempo accreditata a D’Odorico a titolo di premio e compenso ammonta a 160.990 euro).

Dalle indagini della Guardia di finanza era emerso come a ritrovarsi con una falsa polizza fideiussoria fossero stati anche Adriana Ficova, titolare dell’omonima impresa individuale di Cussignacco (il premio accreditato era stato di 4 mila euro), e l’Asd “Rugby Udine 1928” di Udine (5.500 euro).

Erano stati i clienti a incaricare D’Odorico, propostosi quale broker esperto di fideiussioni «tacendo – recita l’imputazione formulata dal pm Letizia Puppa – di non essere abilitato allo svolgimento dell’attività di mediazione creditizia», di procurarne loro una a garanzia delle opere in programma.

Nel ribadire l’estraneità di D’Odorico rispetto alle truffe, l’avvocato Basevi ha scaricato ogni responsabilità sull’ex segretaria del gruppo. Cioè su colei che ai finanzieri consegnò un cd contenente mail che i due imputati e un tale Giuseppe Di Stefano (mai identificato) si scambiarono proprio in merito ad alcune delle fideiussionie ritenute false.

«Era lei ad avere la disponibilità del computer, della password e della corrispondenza e che quindi scriveva in nome e per conto dei D’Odorico – ha detto il legale –. È stata tutta opera sua e l’ha fatto per motivi di rancore e rivalsa». Quanto all’accusa di abuso della professione, «D’Odorico si limitava a fare da segnalatore». —