Musei dopo il covid, quale sarà il loro futuro?
La parziale riapertura dei musei italiani è un’ottima notizia. Sono già 180, in tutta Italia, i musei aperti post lockdown. Grandi realtà museali, come Palazzo Ducale a Mantova o la Reggia di Caserta a cui seguiranno anche i più piccoli. La voglia di bellezza è tanta, e così i grandi musei fanno pienone e alcuni anche gli straordinari. È il caso della mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale a Roma: inaugurata il 6 marzo, pochi giorni prima dell’inizio della quarantena, è stata da poco riaperta e per la grande affluenza propone orari di visita fuori dall’ordinario.
Ripianare le perdite accumulate durante la chiusura non sarà una passeggiata. L’emergenza ha costretto alla chiusura 133 tra musei, parchi archeologici, abbazie e chiese, di cui 75 a pagamento e che nel 2018 hanno registrato l’ingresso di oltre 8 milioni di visitatori e 30,8 milioni di euro di introiti lordi. Cosa accadrà adesso? Difficile dirlo, il bilancio si potrà fare solo a emergenza rientrata e quando la cultura tornerà ad aprire le sue porte (ma in maniera diversa da quella a cui ci siamo abituati). Di certo, la chiusura forzata dei principali musei ha generato una perdita economica importante. Non ci sono ancora i numeri ufficiali della gelata dei ricavi, ma si può calcolare una stima (per difetto) sulla base dei dati ufficiali diffusi dal Ministero per i Beni e le attività Culturali (Mibac) sugli introiti del 2018.
A Milano, ad esempio, gli introiti lordi del Cenacolo Vinciano sono stati 3,5 milioni di euro (per un totale di 425.751 visitatori), mentre per la Pinacoteca di Brera hanno raggiunto i 2.112 milioni di euro (386.415 visitatori). Calcolando una media di 300mila euro al mese in situazione normale per il Cenacolo Vinciano e di 175mila per la Pinacoteca di Brera, la chiusura dei due musei negli ultimi tre mesi (marzo, aprile e maggio) avrebbe determinato mancati introiti complessivi per almeno 1,4 milioni di euro. Perché, è bene ricordarlo, con la cultura si mangia.
Per molti musei italiani il lockdown non ha coinciso con un periodo di pausa e oscuramento, ma in attesa della riapertura molti siti museali si sono rimboccati le maniche e hanno creato modi di fruizione alternativi attraverso visite virtuali, video e aneddoti pubblicati sulle pagine social. Ingegno e creatività per riempire il vuoto lasciato dalle porte chiuse, per dire al mondo «noi ci siamo». È il caso del Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo Da Vinci di Milano, che riaprirà a fine luglio e nel frattempo ha ideato #storieaportechiuse, format digitale nato per raccontare il museo durante la chiusura sui social del Museo (Facebook, Instagram e YouTube). Un vero palinsesto, che, attraverso seguitissime pillole video, approfondisce tematiche che riguardano il museo, il dietro le quinte e i suoi pezzi forti (il Sottomarino Enrico Toti, Leonardo Da Vinci e l’archivio e la biblioteca), ma anche divulgazione scientifica e approfondimenti sull’attualità e la realtà virtuale. In totale sono più di 120 le storie pubblicate dal lancio avvenuto alla fine del mese di febbraio che hanno registrato oltre 3 milioni di visualizzazioni. Il format rimarrà anche in seguito all’apertura ma ridimensionato con un solo appuntamento fisso settimanale.
Anche le Gallerie degli Uffizi di Firenze – che hanno riaperto dapprima il Giardino di Boboli e poi gli Uffizi – raccontano una storia di resilienza. Dal giorno di chiusura, l’8 marzo scorso, le 21 mostre virtuali (Ipervisioni) degli Uffizi hanno realizzato più di 3,8 milioni visualizzazioni – ovvero 55mila al giorno. Una strategia digitale che ha visto i canali social del Museo in costante crescita e, in seguito, una sezione del sito implementata con tutte le storie e i video pubblicati sui vari profili social suddivisi per temi e dedicati a curiosità, segreti e meraviglie. Una strategia che sicuramente continuerà anche dopo l’attesa riapertura come ha confermato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt a Apollo Magazine: «La visita virtuale serve a risvegliare curiosità, a riaccendere interessi magari insospettati: così chi ama le opere d’arte è invogliato ad ammirarle anche dal vero. La nuova sfida, su questo fronte, sarà di far interagire la sfera digitale e quella reale in un modo efficace e interessante. Il web e i social dovranno dunque funzionare prima come richiamo, poi come approfondimento, dell’esperienza autentica».
Un altro ottimo esempio di dialogo virtuale con lo spettatore che sfrutta l’immediatezza dei social per portare in ogni casa un po’ di bellezza, invogliando nuovi utenti a scoprirle, magari, dal vivo. Di cose belle avremmo sempre più bisogno in futuro e i musei saranno sempre più la nostra base di ripartenza. Perché «La grande bellezza» non si nasconde, spesso è dentro ai musei e ci aspetta a porte aperte.