Il caso «Parasite»: tra premi e il vecchio fenomeno del «passaparola»
È inutile riflettere su quanto la tecnologia abbia fatto passi da gigante quando il successo di un film di nicchia esplode grazie al canale più antico di tutti: il passaparola. Un piccolo miracolo che è accaduto con pellicole come Il mio grosso grasso matrimonio greco e Lo chiamavano Jeeg Robot e che ora si ripete con Parasite, il film di Bong Joon-ho che da un giorno all’altro è diventato l’argomento di conversazione preferito dei social e dei salotti: un destino al quale un film sudcoreano avrebbe potuto difficilmente aspirare e che, invece, è diventato un fenomeno non solo italiano, ma internazionale. Se da noi, infatti, resiste saldamente nella classifica dei maggiori incassi della settimana superando il milione e settecentomila euro, in America l’asticella si alza ancora di più: nella giornata del 9 dicembre, infatti, Parasite ottiene sia la nomination come miglior film straniero ai Golden Globe, sia il titolo di miglior lungometraggio dell’anno da parte della Los Angeles Film Critics Association.
https://www.youtube.com/watch?v=iPOugEDF8tkDue traguardi che portano i bookmakers a scommettere che sarà proprio il capolavoro di Bong Joon-ho a portarsi a casa l’Oscar come miglior film internazionale, quello che fino all’anno scorso era il miglior film straniero, con buona pace del Traditore di Marco Bellocchio, che lotta per entrare nella cinquina finale. Perché, però, Parasite ce l’ha fatta e altri no? Perché, appena un mese e mezzo dopo l’uscita di Burning, un altro film sudcoreano che ha attirato l’attenzione della critica di tutto il mondo, il microcosmo della famiglia povera di Seul colpisce e gli altri titoli passano in sordina? Al di là del fatto che il film abbia vinto la Palma d’Oro a Cannes, un primo sentore è arrivato dalla critica, che ha subito consigliato di non perdersi il film perché aveva qualcosa di nuovo da raccontare. Il pubblico, per una volta, è stato ricettivo: negli Stati Uniti Parasite diventa il film non in lingua inglese con il più alto incasso del 2019 mentre migliaia di utenti parlano sui social di quanto la pellicola sia forte, imprevedibile, capace di raccontare una storia universale in maniera originale.
L’opera, dopotutto, gioca facile non solo sulla contrapposizione tra due classi sociali agli antipodi, ma anche su quella condizione miserabile che il cinema italiano aveva rappresentato in film come Brutti sporchi e cattivi, il film di Ettore Scola che rappresenta le brutture di una famiglia disagiata che vive in una baraccopoli nella periferia di Roma, e Parenti serpenti, il capolavoro di Mario Monicelli che mette in scena il cinismo e la cattiveria di una famiglia regalando, probabilmente, uno dei finali più indelebili della storia del cinema. Parasite, insomma, racconta qualcosa che ci è sempre stato, ma con un’estetica nuova: il contrasto tra le linee dritte e pulite di derivazione corbuseriana della mastodontica casa degli Park e l’umidità del seminterrato nel quale vivono i Kim è, dopotutto, una guerra che si combatte non solo sul piano dell’ideologia – memorabile la scena in cui la signora Kim spiega che anche lei sarebbe una persona gentile se fosse ricca -, ma anche su quello rappresentativo. Il passaparola, quindi, ha fatto il resto, trasformando Parasite nel nuovo caso del 2019 e di questo, a giudicare dai risultati, non potremmo essere più contenti.