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IL Fatto Quotidiano
Июль
2024

Eravamo tre amici e 50mila invitati: Fabi Silvestri Gazzè riempiono il Circo Massimo per i 10 anni de “Il Padrone della festa”

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“Tu non sai: ci sono betulle che di notte levano le loro radici, e tu non crederesti mai che di notte gli alberi camminano o diventano sogni. Pensa che in un albero c’è un violino d’amore. Pensa che un albero canta e ride. Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi diventa vita”. Alda Merini non poteva conoscere “Il padrone della festa” mentre componeva “Tu non sai”, ma se il tempo è un concetto inutilizzabile, come cantano Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè, allora tra i rami metallici di quell’albero al centro del loro palco sono risuonati anche i versi della poetessa. Non solo perché quell’albero nato 10 anni fa nella terra rossa del Sud Sudan ha generato vita e musica, ma soprattutto perché quell’installazione luminosa, nella notte romana del Circo Massimo, ha amplificato i sogni di 50mila persone, facendole cantare, ridere, saltare, piangere e abbracciarsi.

Il trio riunito – “one shot”, assicurano loro, questa è stata l’unica possibilità di vederli nuovamente suonare insieme – non si è autocelebrato, perché quei tre, amici da oltre 30 anni, hanno mantenuto l’ingenuità (e l’integrità) di quando salivano sul palco improvvisato del famoso Locale, che musicalmente li ha visti nascere. Al Circo Massimo ieri sera è stata una festa, condivisa con i fan mescolati insieme, tra la polvere dell’agone romano e il sudore di chi è arrivato già nel primo pomeriggio per assicurarsi un posto davanti alle transenne.

Tre ore di concerto, battuta più battuta meno, con i brani dell’album (compresi “Giovanni sulla terra” che non avevano mai eseguito dal vivo, e la meravigliosa “Canzone di Anna”), più le hit di ciascuno e due o tre canzoni a testa scritte tra il 2014 e oggi. A dare il segno del cammino compiuto in questi dieci anni, ognuno a modo proprio ma ognuno – ci tengono a sottolinearlo – con una maggiore identità dopo quel primo viaggio in Africa.

Perché la storia, vale la pena ricordarla, è andata così. Tre amici, l’idea di partire insieme senza una meta musicale prestabilita, un’avventura in Sud Sudan al fianco di Don Dante Carraro e di Medici per l’Africa – Cuamm, l’incontro con volti, “insetti e proiettili sopra la testa”, l’ispirazione per un album e un tour lungo due anni in Italia e in Europa. Lo ricorda il filmato mandato sugli schermi prima dell’inizio del concerto.

Però la storia, come la vita, è poi proseguita per Niccolò, Max e Daniele. Con percorsi lineari ma diversi. Il primo ha pubblicato “Una somma di piccole cose”, “Tradizione e tradimento” e gli inediti e il lavoro orchestrale di “Meno per meno”; il secondo “Acrobati”, “La terra sotto i piedi” e “Disco X”; il terzo “Maximilian”, “Alchemaya” e “La matematica dei rami”. “L’essere ripartiti dall’esperienza del 2014, ciascuno molto più definito, con le idee più chiare – spiega Silvestri durante le prove – c’entra col fatto che quando collabori in questo modo, facendo ognuno il musicista dell’altro, sei quasi costretto a tirare fuori i tuoi punti di forza e a capirli meglio. E anche adesso, a distanza di 10 anni, è riemersa questa caratteristica stimolante. Io stanotte ho scritto un pezzo”. “Io ne stavo registrando uno stamattina”, ribatte Fabi. “Io voglio andare in pensione”, scherza Gazzè, ma neanche troppo: “Pensavo di passare i prossimi 20 anni a scrivere musica per hobby. Non voglio fare nulla che non rispecchi ciò che sono in quel momento”.

Dieci anni in più sulle spalle li fanno ritrovare “invecchiati, nel senso di saggi”, ridono, ma soprattutto “consapevoli”. Senza mai perdere lo spirito con cui è nato “Il padrone della Festa”: quello di tre amici che sostengono di non aver mai litigato (“affrontiamo i problemi, ne parliamo e li risolviamo”), ma che continuano a cazzeggiare e a prendersi in giro a vicenda come se suonare al Circo Massimo, nella propria città, davanti a 50mila persone non costituisse una tappa miliare nella carriera di chiunque. “Non siamo gente da stadio”, giocano. “Ritrovarsi insieme dopo 10 anni è stato semplicissimo – racconta Fabi – proprio perché i tratti caratteriali che ci contraddistinguono sono perfettamente compatibili. Abbiamo una grande consapevolezza della nostra identità e questo fa sì che non ci sia alcun bisogno di espanderla: nessuno invade mai lo spazio di palcoscenico dll’altro”.

Nell’epoca in cui l’auto-tune crea le hit, questi “vecchi” della seconda scuola romana rivendicano la propria artigianalità: nulla, di tutto ciò che si è creato sul palco, è stato pre-registrato o confezionato in alcun modo. “Senza paracadute. Siamo meravigliosamente anacronistici”. “La scaletta è frutto di scelte, chiaramente, abbiamo cominciato a ragionarci molto tempo fa – spiegano –. Avremmo potuto suonare per sei ore, ma bisognava trovare un equilibrio rispetto alle esigenze di un live, che prevede dei tempi e un percorso”. Nessun inedito, come più di un fan sperava, ma i cassetti di casa Silvestri potrebbero in futuro riservare sorprese.

Alle 19 il via con l’apertura a cura di tre giovani artiste (“tre donne, non a caso”, spiega Gazzè): Anna Castiglia, Emma Nolde e Daniela Pes, già molto apprezzate dalla critica. E poi un video con la voce di Gino Strada, che torna in mente quando i fan sbandierano i cartelli “Stop the war” e sventolano qualche bandiera palestinese durante l’esecuzione de “La mia strada” di Silvestri.

E ancora, i contributi video di due amici di sempre, Paola Cortellesi (subito prima di “A bocca chiusa”, brano inserito nel film “C’è ancora domani”) e Lillo, dallo spioncino immaginario di “Sotto casa”.

Il pubblico ride con le loro battute, canta a squarciagola, piange sulle note di “Facciamo finta”, la canzone dedicata da Fabi alla figlia scomparsa nel 2010. Uno dei momenti più toccanti della serata. Gazzè festeggia anche i suoi 57 anni, e così 50mila voci all’improvviso intonano “Tanti auguri”. Sugli schermi appaiono le foto di gioventù, di quando calcavano il palco del Locale col divieto di eseguire cover (“e questa è stata una fortuna”); ma pure la proiezione di loro tre fra vent’anni, “e chissà se ci arriviamo”.

Ad accompagnarli con gli strumenti, gli amici di sempre: Roberto Angelini, Gianluca Misiti, Max Dedo, Ramon Caraballo, Piero Monterisi, Adriano Viterbini. Con qualche incursione sul palco, da Rancore a Greta Zuccoli.

Una grande festa, insomma, celebrata intorno a un albero. E oltre alle mani alzate della marea umana che ha invaso il Circo Massimo, a mezzanotte rimangono gli occhi lucidi e grati di tre artisti che ancora hanno l’argento vivo addosso e tanto, tanto da raccontare.

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