L’economia ferma dei gialloverdi
Ecco spiegati i numeri dell'economia italiana, rilevati dall'Istat
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Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Ogni volta che arrivano dei dati economici viene detto tutto e il contrario di tutto. Sono numeri importanti che teoricamente non dovrebbero lasciare dubbi ad interpretazioni eppure spesso la lettura dei dati è di parte e viene manipolata. Allora mettiamo in ordine quei numeri e tentiamo di fare una fotografia dello stato di benessere (malessere?) del nostro Paese. Le rilevazioni statistiche di ieri di sicuro sono un buon punto per tentare di capire dove sta andando l’economia italiana.
Per Dario Di Vico sul Corriere della Sera si parte da due elementi “un Pil in piena stagnazione e un’occupazione a livelli alti”. La stagnazione arriva dal settore traino del nostro sistema-Paese, il settore manifatturiero in crisi per il calo dell’export frenato dalle politiche di Trump e dal sistema Germania “nostro punto di riferimento”. Anche l’industria medio-grande va a rilento per una “trasformazione digitale che procede a macchia di leopardo”, mentre il sistema delle Pmi procede “alla spicciolata”.
Insomma “Chi riesce a tenersi agganciato ai grandi sistemi di fornitura ha guadato il fiume, chi è in grado di andare sui mercati esteri da solo viaggia a testa alta, chi invece è costretto nel recinto del mercato interno — la maggioranza — è davanti a un rompicapo per conciliare stasi dei consumi, concorrenza dei prodotti cinesi e l’esigenza (teorica) di migliorare la qualità delle produzioni”.
A ciò si aggiunge il dato occupazionale. L’Istat ci dice che la disoccupazione a giugno segna la quarta flessione consecutiva, scendendo al 9,7%, in calo di 0,1 punti percentuali su maggio. Ma l’occupazione non cresce. Cosa vuol dire? Semplicemente come spiega Boeri su Repubblica “l’assottigliamento della forza lavoro – ovvero il totale di occupati e disoccupati – suggerisce che c’è una dinamica demografica a spiegare in parte la crescita del tasso di occupazione”. Inoltre scomponendo i dati per fasce anagrafiche si nota che la fascia 15-24 anni migliora la propria situazione, con un tasso di disoccupazione che cala al 28,1%. Ma contemporaneamente c’è un aumento esattamente della stessa misura degli inattivi.
Insomma c’è poco da gioire. Pare al momento improbabile intravedere stimoli esteri e interni che possano allontanare l’economia dalla stagnazione che il governo gialloverde ha contribuito a peggiorare. Rimangono per il momenti solo gli squilli di tromba per dei numeri per cui non ci sarebbe proprio da festeggiare.
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