“Guadagno 5 volte ciò che prende un direttore di banca. Puoi avere tutte le stelle del mondo, ma se il ristorante è vuoto sei un genio che ha fallito”: parla lo chef Roberto Conti
Da un percorso scolastico travagliato al diventare un punto di riferimento per la ristorazione, arrivando a guadagnare “circa cinque volte ciò che prende un direttore di banca”. L’executive chef Roberto Conti ci ha visto lungo ed ha capito che non è sufficiente stare in cucina. Almeno questa è la sua visione che prevede un guizzo in più. Va bene creare meraviglie con i fornelli ma, spesso, è necessario essere capaci nel rivestire più ruoli. Anche, apparentemente, collaterali. Pavese, 42 anni, vive a Cernusco sul Naviglio, con moglie e tre figlie. Prima di diventare consulente, ha avuto un percorso degno di nota nella cucina d’autore. Oggi dirige decine di locali ma non ne possiede, volutamente, nemmeno uno (almeno fino ad ora). Vive dietro le quinte e si fa carico di piatti, food cost e staff. E i fatturati parlano chiaro: tutti in crescita. Il futuro modo di intendere la ristorazione è alle porte?
Intervistato dal Corriere della Sera, Conti ha raccontato le tappe che l’hanno portato alla consulenza. “Non avevo voglia di studiare, ma sul campo da calcio ero bravo. A 16 anni il Borgosesia Calcio mi offrì un contratto in C2, a patto che mi iscrivessi a una scuola non troppo impegnativa. Così scelsi l’alberghiero di Varallo Sesia, mi piaceva la cucina (…) Avevo talento, ma ero una testa calda. Mi misero in collegio, ma mi cacciarono: avevo vestito la statua della Madonna con una maglia dell’Inter. Anche all’alberghiero andavo male in tutto, tranne che in cucina”, ha raccontato Conti. E ancora: “Da studente ero ingestibile. Ma i miei genitori, imprenditori, mi hanno insegnato il senso del dovere: devi lavorare, devi pagare i debiti. Così ho cominciato in piccoli locali a Vigevano, come la Trattoria da Maria. Poi è arrivato il salto vero”, ha proseguito.
La svolta è arrivata con Carlo Cracco: “È stato lui a darmi fiducia, a mandarmi al Trussardi alla Scala, con Andrea Berton. Che è il mio opposto: preciso, rigoroso. Infatti, abbiamo fatto scintille, ma oggi siamo amici. Prima c’era stato anche Leemann, troppo filosofico per i miei gusti. Con Trussardi nel 2014 perdiamo la stella, nel 2015 raddoppio il fatturato – da 1,9 a oltre 4 milioni – e nel 2017 la stella torna”, ha detto Conti. “Ma la verità è che preferisco costruire progetti. Ho lavorato con Barilla, poi con la Cascina a Mortara. Ora sono chef diversi brand imprenditoriali, il primo è Glamore Group, secondo gruppo in Italia per numero di locali tra ristoranti e discoteche” che “prima aveva orari fissi, oggi, su mia idea, è aperta 24 ore su 24 (…). È l’unico con orario simile in città. Oggi (…) fattura 14 milioni all’anno”. Tra gli altri locali c’è anche “il Saint George Premier a Monza, dentro il parco della Villa Reale”.
Sull’attività monzese, come detto da Conti, “sembrava ci fosse una maledizione. Ma dopo due anni abbiamo avuto la riassegnazione per altri 18. Adesso siamo solidi (…)”. Il Philipp’s, invece, è “aperto solo la sera, sei giorni su sette. È italiano d’impatto: linguine all’astice, fritto misto, plateau royale. Stile Langosteria. Tavoli da 100 mila euro in una sera, solo di Dom Pérignon. Gente che spende, prima e dopo. Poi c’è il sushi, quello vero, di alto livello. Si chiama Sukaru Ba, vuol dire ‘Bar del Teschio’ in giapponese”. Sotto al locale c’è anche il loro club che “Apre a mezzanotte, fino alle cinque. La musica è del genere ‘boom boom boom’. Gente pettinata, parcheggio a 20 euro, guardaroba a 20 euro. Lo spaghetto al pomodoro costa 25 euro. Io non faccio più serate come a vent’anni, ma so che fino alle cinque di mattina si beve e si balla. È un’esperienza, non solo una cena”, ha continuato Conti, sempre al Corriere della Sera.
“A Peschiera Borromeo invece seguo Columbus, griglieria da 250 coperti. forse farà storcere il naso ai gourmet, ma facciamo 2,5 milioni di fatturato”. La giornata tipo di Conti non prevede momenti morti. “Mi sveglio intorno alle 6 di mattina, vado in palestra e mi alleno tutti i giorni, (…) seguo una dieta speciale di sei pasti al giorno. Dalle 9.30 alle 17 mi dedico completamente alle consulenze, dalle 17 a mezzanotte sono fisso da Philipp’s. (…) Sono drogato di lavoro. La domenica è il mio unico svago: pranzo fuori con la famiglia e mi concedo una buona bottiglia di Champagne”, ha dichiarato Conti che, inoltre, al mattino accompagna “la figlia più grande a scuola”. E poi uno sguardo al futuro: “In questo momento della mia vita sono concentrato su questi obiettivi, ma non sarà così per sempre”, ha proseguito.
Sul suo lavoro, nel dettaglio. “Non decido solo piatti insieme con la brigata. Faccio consulenza vera. Ad oggi ho assunto quasi 350 persone. (…) Porto lo staff, controllo il food cost, faccio la line-up dei piatti e ti garantisco X passaggi mensili o settimanali. È un pacchetto completo”. E sulla (presunta) crisi del fine dining. “Nessuno degli chef più conosciuti lavora con soldi propri, quasi tutti hanno dei finanziatori. Un Berton non rischia il nome per un’attività in perdita. Per fare fine dining ci vogliono 20 persone in cucina. Io al Trussardi ne tagliai otto appena ne diventai chef (…). Ti servono tre persone? Ne tieni una. La motivi, la paghi meglio. Ma i conti devono tornare”, ha detto Conti.
E ancora: “Puoi avere tutte le stelle del mondo, ma se il ristorante è vuoto sei un genio che ha fallito. La gente si è stancata delle 12 portate di gomma, aria e gelatina. Deve essere minimal, pulita, concentrata nei sapori. Si risparmia su tutto, ma mai tagliare sul prodotto”. Per Conti i consulenti teorici che promettono una stella Michelin “non servono. Se non sei con me alle 7.30 di mattina in cucina, non conti nulla. (…) Il consulente che arriva a pranzo, mangia e fa promesse, con la presunzione di farti entrare nelle guide? No, non serve”, ha commentato lo chef executive, che ha anche ammesso di essersi “comprato il diploma. Ma da quando ho capito cosa volessi fare, ho studiato più degli altri. Ho fatto mille corsi (…) tutti a mie spese. La formazione mi è costata oltre 50 mila euro”.
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