Il lusso a tavola è cinese
Il cibo di lusso sta diventando sempre più made in China. Tra caviale, foie gras e tartufo, la Cina si è inserita nel mercato globale, dando filo da torcere a quei Paesi che hanno come fiore all’occhiello questi prodotti alimentari di alta gamma. Parallelamente, l’arrivo di queste prelibatezze direttamente sulle tavole cinesi, nonostante la stretta del governo sui piatti gourmet, sta cambiando lentamente le abitudini delle persone locali.
Il caviale
In un arco di tempo piuttosto breve, nella terra del Dragone si è concentrata la maggior parte della produzione di caviale, con Pechino che ha scavalcato i principali esportatori. Oggi il maggior fornitore al mondo, con una produzione di 260 tonnellate di uova di pesce solamente nel 2024, è Kaluga Queen: si tratta di un marchio di caviale elaborato dagli esperti del ministero dell’Agricoltura cinese. La produzione in Cina è iniziata negli anni Novanta e già nel 2012 Pechino raggiungeva il 14% delle esportazioni globali di caviale, per un valore di 12 milioni di dollari. Nel 2024, riporta il Financial Times, anche a seguito della guerra in Ucraina, le esportazioni della Cina sono arrivate al 42% a livello mondiale, per un valore di 98 milioni di dollari.
Il boom delle esportazioni
Uno dei motivi principali va ricercato nel calo del consumo locale del cibo di lusso a seguito della contrazione del mercato immobiliare che ha diminuito le capacità di spesa ma anche della stretta del governo cinese sui pranzi e sulle cene ufficiali. Pechino, per contrastare le abitudini a tavola dei dipendenti pubblici, considerate sopra le righe, ha infatti vietato piatti gourmet, sigarette o alcolici durante i pranzi di lavoro. Un consulente specializzato in agricoltura cinese, Ian Lahiffe, ha rivelato al quotidiano britannico: «La produzione alimentare di alta gamma è strettamente legata ai consumi pubblici. La domanda interna ha subito un duro colpo dopo l’imposizione di restrizioni sui banchetti governativi e i produttori si sono improvvisamente ritrovati con scorte da vendere all’estero». Tra gli elementi che hanno contribuito a scavalcare i concorrenti, Lahiffe ha ricordato la manodopera più economica, la produzione e le catene di approvvigionamento più veloci, oltre a requisiti più morbidi riguardo al benessere degli animali.
Il consumo locale
Fino a vent’anni fa i prodotti alimentari di lusso venivano in gran parte importati. Il cambiamento è iniziato soprattutto quando i governi provinciali delle regioni agricole, tra cui lo Shandong orientale, l’Anhui centrale e lo Yunnan sud-occidentale, hanno esortato gli agricoltori a dedicarsi a colture di maggiore pregio. Basti pensare che un contadino della provincia di Anhui, Li Fengshan, interpellato dal Financial Times, produce ben 100 tonnellate di foie gras ogni anno soprattutto per il mercato interno. Ha raccontato che prima «molti consumatori che potevano permetterselo non ne erano a conoscenza, o non sapevano che fosse disponibile in Cina o nella contea di Huoqiu» mentre «ora lo amano».
Noci di macadamia e ciliegie
Pechino è anche il secondo produttore al mondo di noci di macadamia. E dopo aver scavalcato l’Australia, ora mira a spodestare il Sud Africa dal primo posto. Il progetto di coltivazione è nato negli anni Novanta: il prodotto alimentare era considerato come una coltura di alto valore capace di aumentare i redditi degli agricoltori rurali. Le condizioni meteorologiche avverse, con i tifoni che sradicavano gli alberi, non hanno frenato l’iniziativa. Nello Yunnan, le autorità hanno offerto sussidi e assistenza per l’irrigazione al fine di portare avanti il progetto. Il vicedirettore generale della Yunnan discovery group macadamia company, Hu Mingming, ha spiegato al Financial Times: «Una volta che gli agricoltori hanno capito che c’era da guadagnare, si sono adeguati». Ma la strategia di Pechino passa anche per le ciliegie con la Cina che ne è il maggior consumatore al mondo. Nella provincia cinese dello Shandong, le autorità hanno già esortato gli agricoltori di mele a dedicarsi all’altro frutto. Pechino non mira a competere con il Cile, però la produzione interna rende sicuramente più basso il prezzo. Anche in questo caso le condizioni atmosferiche non aiutano, ma grazie alle celle frigorifere, all’elettricità a basso costo e ai progetti per l’approvvigionamento idrico, la produzione di ciliegie diventa possibile.