«Gli antifascisti non erano violenti, caricati a colpi di sfollagente»
PAVIA. Le testimonianze ma soprattutto i filmati in aula hanno mostrato «come i manifestanti della sinistra, sia pure in negligente posizione pericolosa, non avessero mai posto in essere alcun atto di violenza nei confronti delle forze dell’ordine». Le quali, invece, «senza che si fosse verificato alcun disordine tra gli opposti gruppi, a un certo punto avevano effettuato una manovra di compressione, quindi un principio di carica con alcuni colpi di sfollagente». Le offese ai poliziotti, mai negate dagli imputati, vanno quindi valutate «nella particolarità del contesto».
Il giudice Silvio Bolloli motiva così l’assoluzione con cui si è chiuso il processo ai cinque manifestanti antifascisti che, la sera del 5 novembre 2016, presero parte al presidio di protesta in Strada Nuova contro il corteo di estrema destra promosso dall’associazione Recordari per commemorare il missino Emanuele Zilli.
Tre assolti nel merito
Due imputati - l’ex presidente di Anpi Pavia Claudio Spairani e Alaa Nasser - erano stati assolti per prescrizione, a dicembre dello scorso anno, dall’accusa di manifestazione non autorizzata perché era passato troppo tempo dai fatti. Altri tre imputati - Mauro Vanetti, Rufo Protopapa e Niccolò Palazzi - dovevano invece rispondere di oltraggio a pubblico ufficio in relazione ad alcuni insulti proferiti all’indirizzo dei poliziotti per la gestione dell’ordine pubblico. Anche per questa accusa il giudice Bolloli ha ritenuto di pronunciare una sentenza di assoluzione, per particolare tenuità del fatto. E nel deposito delle motivazioni spiega perché.
Gli scontri
Per comprendere la decisione del giudice bisogna ripercorrere prima i fatti di quella sera di oltre sette anni fa, quando gli attivisti della Rete antifascista diedero vita a un presidio non autorizzato, in fondo a Strada Nuova (il permesso di farlo in piazzale Ghinaglia fu negato dalla questura), per opporsi al corteo dell’estrema destra, questo autorizzato dalla questura, in memoria del missino Zilli, morto nel 1973, secondo gli organizzatori, in circostanze poco chiare in via Scapolla (mentre la procura concluse per una caduta dal motorino). Il presidio, composto da circa 250 persone, si concluse con cariche della polizia vicino al ponte coperto, in fondo a Strada Nuova.
Mentre i manifestanti intonavano “Bella ciao” e slogan contro il corteo di destra, gli agenti in tenuta antisommossa alzarono i manganelli. Alcune persone rimasero ferite e volarono insulti all’indirizzo dei poliziotti. Le tensioni di piazza ebbero lunghi strascichi giudiziari. Una cinquantina di manifestanti finirono denunciati, ma il giudizio è andato avanti solo per cinque di loro e, nel corso del processo, per la sola accusa di oltraggio a pubblico ufficiale, essendo l’altra contestazione prescritta. Secondo gli avvocati difensori Marco Sommariva, Silvia Garzena e Roberta Valmachino, non si poteva prescindere dal contesto in cui gli insulti erano stati pronunciati. E il giudice ha condiviso la tesi.
Le motivazioni
Il giudice ha basato la sua decisione sulle testimonianze e sui filmati visionati in aula. Filmati che avevano mostrato gli antifascisti manifestare in maniera pacifica, solo con slogan contro il gruppo di estrema destra.
Invece le forze dell’ordine, scrive il giudice, «hanno effettuato un principio di carica con alcuni colpi di sfollagente che, come nel caso documentato di Walter Cattaneo (soggetto nell’immediatezza mai pericoloso), avevano prodotto lesioni».
Per il giudice «tali condotte di ordine pubblico, sia pur almeno in parte giudicate necessarie al fine di prevenire il pericolo di scontri, erano state certamente reperite quali gratuite e violente da almeno un gruppo di manifestanti – si legge nella sentenza –, sicché erano state proferite quelle espressioni nell’ambito delle fasi inevitabilmente concitate che ne erano seguite».