Presidente, per favore: ci ripensi...

MANTOVA. «Mi raccomando, giudizio...». È come se il ceto politico che ha affollato le struggenti esequie di David Sassoli proprio non avesse ascoltato ripetere da figli e nipoti la frase con cui il presidente del Parlamento Europeo era solito congedarsi dai suoi giovani cari. Giudizio quasi nessuno sembra mostrarne a una settimana dalle votazioni per il capo dello Stato: siamo al paradosso che un Parlamento incapace di darsi un governo con una maggioranza vera (quindi costretto ad affidare l’esecutivo a una figura super partes), cerchi fino all’ultimo di mandare al Colle, là dove la Costituzione prevede una figura di garanzia per tutti, un uomo di parte: o comunque di una parte un po’ più vicina a sé che agli avversari.

Il romanzo Quirinale si trasforma in pochade, con un certo spregio dell’Istituzione esattamente come delle speranze dei cittadini: così storditi e delusi dai propri eletti, da rifugiarsi sempre più spesso nelle parole, nell’esempio, nel pacato carisma di Mattarella per ritrovare un punto di riferimento. Certo, l’entrata scomposta in scena di Berlusconi ha spostato la disputa su un terreno non immaginabile, anche se l’ossessione del Cavaliere era solo rimasta latente, non certo sedata nel tempo. Ma il sospetto è che le tattiche di tutti mirino a una cosa sola: potersi accreditare comunque come vincitori della partita e disegnarsi lo scenario più favorevole in vista delle Politiche 2023.

Viene sommessamente da immaginare una sola via d’uscita: che Mattarella ci ripensi, che si renda disponibile a un altro sacrificio, a ricandidarsi. Non per togliere le castagne dal fuoco a chi non sa responsabilizzarsi, ma per metterli con le spalle al muro. E consegnarli, appunto, fra un anno al verdetto degli elettori. Che, con giudizio e senza bisogno di raccomandarsi a loro, terranno certo conto anche di questa prova di modestia.