Non si trovano commessi: «Rinunciano ai contratti per stare a casa il sabato». I sindacati: paghe troppo basse

UDINE. I cartelli restano affissi per settimane. “Cercasi personale” si legge sulle vetrine di negozi e bar della città. Ma in pochi si presentano o inviano i loro curriculum. E chi lo fa, a fronte di contratti regolari part time o full time, spesso, appoggia sul tavolo la richiesta di stare a casa nel fine settimana o di non prestare servizio in orari serali.

E così i titolari devono fare i conti con la difficoltà a trovare dipendenti da assumere. «Un po’ a sorpresa, dopo i 70 giorni di chiusura per il Covid quando si immaginava che non si aspettasse altro che ripartire. Ma cosi non è stato».

Ad affermarlo Francesca Bova Conti, titolare dei negozi Calzedonia, Intimissimi, Tezenis e Falconeri. «Noi speravamo e credevamo – continua – che dopo le chiusure imposte durante i lockdown nei nostri 13 negozi a Udine, Lignano e Bibione, con tutto quello che ne è conseguito come la cassa integrazione per le dipendenti e l’impossibilità di rinnovare dei contratti a tempo determinato, che con le riaperture ci fosse una grande richiesta di lavoro.

Invece, contro ogni previsione, si è verificato il contrario. Il nostro tempo pieno prevede 40 ore distribuite su 5 giorni lavorativi e la domenica si lavora a rotazione ed è pagata come straordinario, ma facciamo fatica a trovare persone disposte a lavorare nel fine settimana.

I vari sussidi, dati giustamente a chi ne aveva bisogno, alla fine non hanno poi tanto aiutato». «Stiamo cercando – conclude – per il periodo natalizio e dei saldi, le cassiere. Ci sono ancora tre tempi determinati liberi».

Ha fatto oltre una trentina di colloqui, prima di trovare chi assumere Marcella Migai, titolare del Glass in via Paolo Sarpi. «Questa estate è stata davvero dura – racconta –, le persone non sono disposte a sacrificarsi. Non è un lavoro semplice quello dietro al bancone, bisogna imparare e farlo con passione.

Spesso alcuni ti mollavano dopo pochi giorni dicendo che il mestiere non faceva per loro, altri nemmeno si presentavano. Mancano serietà e impegno soprattutto, per quanto ho constatato io, tra i più giovani». Giovani che «spesso hanno tante pretese, ma poca voglia di imparare il mestiere».

Anche il titolare del Pinocchio Eat & Wine, Roberto Casasola, conferma le difficoltà avute nei mesi di ripartenza dopo il Covid nel trovare dipendenti. Dalla colazione all’aperitivo serale, fino al cocktail del dopocena, il locale anima piazza XX Settembre puntando sulla qualità del servizio e dei prodotti.

«Con la riapertura sono partito puntando su giovani che però hanno dimostrato di non essere disposti a mettersi in gioco e ad appassionarsi dell’occupazione – spiega –. Adesso ho uno staff di otto professionisti con esperienza che sanno fare bene il loro mestiere.

I locali ne sono usciti bene dal Covid non per gli aiuti dello Stato ma aiutandoci l’uno con l’altro tra imprenditori e professionisti».

Si cerca personale da inserire nello staff in cucina a tempo pieno anche all’osteria Leon d’Oro in via dei Rizzani «ma ben pochi sono disposti a sacrificarsi. Stiamo facendo tanta fatica a trovare personale», dicono.

Lo scorso 13 ottobre ha festeggiato i 20 anni di attività della sua pasticceria siciliana Dusci in via Grazzano e nel tempo si è ampliato con altri due locali in centro, in via Sarpi e piazzetta Lionello.

E quello che nota Gaetano Gangi «è che è vero si fa fatica a trovare persone preparate e appassionate a fare questo mestiere. Noi nel tempo ci siamo ampliati e ora abbiamo uno staff in totale di 30 persone sulle quali abbiamo deciso di investire».

Uno scenario, quello descritto dai titolari e gestori delle attività, che non trova d’accordo i sindacati. «Dipende sempre dall’offerta – riferisce Francesco Buonopane della Filcams Cgil –. Lavorare nel commercio è diventato complicato perché spesso ci sono paghe basse, contratti part time con orari distribuiti in modo tale che il dipendente è impiegato oltre al tempo di lavoro.

Troppo facile e comodo dire che i giovani sono svogliati o che non vogliono lavorare nel fine settimana. Non credo affatto sia così, ma ritengo che dipenda da quanto si voglia investire nelle persone e in quanto si voglia farle crescere realmente». —

© RIPRODUZIONE RISERVA