Cimolai, secondo e furioso: “Una vittoria buttata”
Il friulano batte Sagan e Viviani nella volata, ma davanti resiste l’olandese Van der Hoorne
CANALE. Secondo in una tappa al Giro, eppur furibondo, Anzi, Davide Cimolai dal bus del team che lo sta portando in hotel in un lungo trasferimento verso Piacenza lo dice senza mezzi termini al telefono, nemmeno mezz’ora dopo l’arrivo: «Sono incazz...nero: il mio compagno di squadra Patrick Bevin doveva tirarmi la volata invece di arrivare quinto. Avrei vinto».
Furibondo col neozelandse e ne ha ben donde. Perché nello sprint dei battuti dal Carneade olandesone Taco van der Hoorne (Intermarchè Wanty)– reduce della fuga a otto che ha caratterizzato la terza tappa del Giro Biella-Canale – il 31 enne pordenonese della Israel Start Up Nation aveva battuto nell’ordine: il tricampione del mondo Peter Sagan, quello olimpico Elia Viviani (Cofidis). E, come se non bastasse, oltre al compagno di squadra “traditore”, pure Fernando Gaviria (Uae), altro big.
Insomma, a Canale, Cimolai, in condizione, come dimostrato anche dal nono posto a Novara, ha forse buttato via l’occasione di una carriera. La volata era lì, apparecchiata alla perfezione da quella Bora Hansgrohe dell’altro friulano (e pimpante) Matteo Fabbro che, per pilotare Sagan avvantaggiato rispetto ai velocisti puri per il finale ondulato con tre gran premi della montagna e tanti saliscendi, aveva lavorato sodo per ricucire. Niente da fare. Gli altri team, Uae, Cofidis, le squadre di Viviani, friulano per amore, e Gaviria, ma anche la stessa Israel di “Cimo”, si sono svegliati tardi e la frittata è stata fatta.
Intendiamoci, il 27enne orange ha gradito molto le uova in padella arricchite con una bella grattuggiata di tartufo, che anche ieri nel Roero, anche se non è proprio la stagione, imperava sulle tavole. E ieri sera si sarà concesso anche un bicchiere di ottimo vino rosso prodotto da queste parti. Ma per i battuti si tratta di una vera e propria frittatona.
«Bevin doveva tirare per me, era un arrivo adatto a me, con un paio di sue tirate avremmo ricucito. Invece mi sono trovato a fare la volata guardando l’olandese vincere la tappa che sarebbe stata mia», continua Cimolai, cui non fa bene ricordare il passato. «Alla Sanremo 2015 il mio compagno Bonifazio fece la volata e non mi aiutò, alla Tirreno di due anni fa pure e mi battè Alaphilippe, non sono proprio fortunato». Cimolai chiarisce e ringrazia. «Alessandro De Marchi mi ha aiutato eccome, il “rosso” ha tirato come un matto nel finale». Onore all’altro friulano. «Avrei voluto tanto fare un regalo in anticipo alla mia bimba che nascerà a giorni, ci riproverò, magari a Gorizia, sarebbe un sogno vincere a casa». Tuona dal Friuli anche papà Lindo: «Quando la squadra ha bisogno di Davide lui c’è, ma il contrario non accade».
Detto del “Cimo” furente, serve tornare a quello che festeggia a frittata e vino rosso. Squadra piccola, l’Intermarchè, coraggio da vendere. In fuga dal mattino sotto la pioggia con sette compagni, su e giù per le colline, lucidità e forza nel staccarli uno a uno resistenza ferrea fino alla fine. Bravo, quando Davide batte Golia il ciclismo passa da uno sport “allo” sport.
E martedì, quarta tappa? Piacenza-Sestola, primo arrivo in salita, anche se tecnicamente gli ultimi tre km nel regno di Tomba sono pianeggianti. Spazio ai big. Riuscirà Filippo Ganna (Ineos) a tenere la maglia rosa? «No, da oggi lavoro per i miei capitani Bernal e Sivakov», dice sicuro.