Il popolo di Susanna Ceccardi ci crede. E lei cita Gandhi: «Prima ti deridono, poi...»
Nel centrodestra mai vista un’esaltazione così, e per giunta nel fortino rosso di Firenze. Duemila persone, bandiere e un tifo da stadio. Il Capitano schiva sull'effetto a catena regionali-governo
«Io sono un maresciallo, te chi sei!? Fammi passare… Ma-tte-o, Ma-tte-o, questa volta è quella buona!». Susanna Ceccardi ha appena finito il suo discorso e Daniele Belotti apre le braccia. Da solo contro la folla. Che fatica tenere a bada i militanti con un’esaltazione feroce addosso manco avesse appena vinto il campionato la Fiore. Sì, perché il comizio della Susy e dei leader qui è finito, il deputato inviato da Matteo Salvini in Toscana a fare da coordinatore della Lega adesso deve cercare di mantenere le forme, in modo che questa resti la piazza dei «toni tenui», come ha detto il Capitano dal palco. Macché, qui finora la gente ha sventolato tricolori e bandiere del Granducato, fatto il tifo con la giugulare gonfia e ora vuol saltare le transenne, farsi i selfie con il Capitano, toccare, abbracciare, stropicciare il corpo del leader. Addio norme anti-covid, chissenefrega del distanziamento, mascherina una ogni tanto, che tanto le 600 sedie si sono riempite in un attimo e in piazza della Repubblica c’era gente dappertutto: oltre 2000, più che dal centrosinistra. Roba mai vista a Firenze per il centrodestra. La serata finirà a Cascina, un comizio anche sulla “costa”. Ma la chiave di tutto è qui, la Toscana centrale, il fortino con un terzo dei cittadini (e dei voti). L’ultimo fortino (finora) della sinistra.
Ma son tutti convinti che il feudo sia caduto. «Si vince sicuro», dicono i militanti. Manco fosse il tifo dopo una semifinale vinta allo stadio Franchi. «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono e poi vinci. E ora andiamo a vincere», chiude la Ceccardi citando Gandhi come quando era una “ragazzetta”, come la chiamò Alessio Antonelli, l’ex sindaco a cui ha strappato Cascina e ora vende panini gourmet con gli apini. La folla s’accalca: Su-sa-nna, Su-sa-nna! Sul palco ha portato i sindaci del centrodestra perché se vince la Lega «non arrivano gli Unni, le cavallette», ma un governo per cui «non deve contare la tessera di partito per avere un lavoro». Lo storytelling è lo stesso per tutti. Per lei, Tajani, Meloni, Salvini, «i toscani in tasca hanno la pietra della democrazia». È il leitmotiv del potere dem da scalzare, perché «qui ha governato il poltronificio». Tajani si butta: «Non vogliamo primari che abbiano la tessera ma primari bravi». Poi c’è il Cav collegato al telefono. Dice che il centrodestra vincerà ovunque e a ogni frase il senatore Massimo Mallegni incita il pubblico come un animatore in un villaggio vacanze. Arriva la Meloni, percula la ministra Azzolina e la piazza diventa una curva: Gior-gia, Gior-gia. Lei grida, s’infervora. Ceccardi e Salvini no. La leonessa - che per non andare di traverso ai moderati non ruggisce più - sa che per i big la spallata alla Toscana rossa per 50 anni fedele alla filiera Pci-Pd-Ds-Pd, non solo sarebbe uno scalpo storico, ma l’inizio della fine di Conte. «Tanti delusi di sinistra ancora non si fidano ma…». Il palco copre le Giubbe rosse, lo storico caffè, e anche questo sembra un presagio. Il popolo di Matteo ci crede, lui al massimo ci spera, dicono gli esegeti del capo. «Se non ce la facciamo è per un pelo», sorride il sindaco grossetano Vivarelli Colonna. «Che piazza! Ma come si fa a vincere in Toscana?», esorcizza Giovanni Donzelli, deputato di FdI.
Un po’ l’hanno notato tutti: Giorgia chiama in causa Mattarella, Salvini invece schiva Roma. Troppo rischioso farne un test nazionale. Si giocherebbe l’osso del collo, chissà pure la premiership con Giorgia. Così questa è «la capitale della libertà, della bellezza» e pure dell’«accoglienza», dice in questa narrazione che ha ribaltato i ruoli. Tanto che di là, nella piazza diGiani, ci sono quelli che cercano nemici». Se «vinciamo basta rabbia, boicottaggi, minacce», dice Ceccardi. Perché «questa è la terra di Galilei e Michelangelo e dopo 50 anni eppur si muove», è la tesi di Salvini. Si rivolge ad artigiani, imprenditori, saluta la vedova del ristoratore suicida. È il mondo che può spingere il centrodestra oltre il testa a testa dei sondaggi. È teso. Se la fortezza cadesse sarebbe un’altra storia. «A me è simpatico Giani, un brav’uomo. Ma vedrete - punzecchia Ceccardi - se perde lo scaricheranno , diventerà il capro espiatorio. E no, caro Pd, noi non siamo così». —