Posti di blocco sulle statali per frenare gli arrivi dei richiedenti asilo: la promessa di Lamorgese
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La responsabile del Viminale assicura il controllo dei confini, ma chiede ai Comuni di aderire ai progetti di accoglienza
TRIESTE. Le rassicurazioni, a livello di uomini e mezzi, ci sono tutte, così come la promessa di venire incontro alle esigenze del Friuli Venezia Giulia con il trasferimento dei migranti verso altri territori nel momento in cui le presenze dovessero diventare insostenibili per la regione. Luciana Lamorgese non dice sì a tutte le richieste di giunta e sindaci, come riferiamo a parte, ma, quantomeno, strappa, nella sua visita di ieri a Trieste, un’apertura di credito, anche se forse l’ultima, da parte di Massimiliano Fedriga in attesa di capire se le prossime mosse del Viminale daranno i loro frutti.
Il primo punto all’ordine del giorno del vertice di martedì 8 settembre in Prefettura a Trieste, tra Lamorgese, Fedriga, Riccardo Riccardi, Pierpaolo Roberti e una rappresentanza di sindaci del territorio tra cui quelli dei quattro Comuni capoluogo, ha riguardato il controllo dei confini e delle strutture dove i migranti devono trascorrere la quarantena obbligatoria. «Nei prossimi giorni – ha detto il ministro dell’Interno – invieremo una nuova aliquota di militari che si aggiungeranno ai 375 uomini dell’operazione Strade Sicure che già sono stati dirottati in Friuli Venezia Giulia. Personale, questo, che servirà a rafforzare soprattutto il controllo del territorio della provincia di Udine». Niente da fare, invece, almeno al momento, per la chiusura dei valichi minori con la Slovenia come richiesto da settimane dalla Regione. «Credo che una scelta di questo genere – ha proseguito Lamorgese – non sia semplice, perché riguarda 21 aree di confine, e soprattutto, debba eventualmente essere valutata al termine delle operazioni di rafforzamento dei controlli che abbiamo deciso di intraprendere da qui ai prossimi giorni».
Lamorgese è conscia di come uno dei punti più delicati, e oggetto di polemica in regione, sia legata ai controlli alla frontiera slovena. Il ministro, prima di tutto, ha snocciolato i numeri della situazione attuale spiegando come in Friuli Venezia Giulia in questo momento ci siano «3 mila 59 richiedenti asilo», in aumento di circa 900 unità rispetto ai «2 mila 104 di dodici mesi fa», ma ha pure ricordato come le riammissioni in Slovenia siano state «850 in un anno, di cui 500 soltanto nell’ultimo periodo», contro «le sole 203 del 2019». Un punto di partenza, questo, che è servito al ministro per disegnare il futuro dei controlli nell’estremo Nordest d’Italia. «Le riammissioni hanno fatto sì – ha continuato – che le organizzazioni criminali modifichino, in continuazione, le rotte e si adattino alle nuove situazioni, per cui dobbiamo sempre farci trovare pronti».
E, ha aggiunto, per quanto riguarda la collaborazione con la Slovenia, «esiste uno stretto rapporto con le comunità di Lubiana con cui abbiamo messo in atto protocolli operativi non esclusivamente con controlli congiunti con la loro polizia, ma anche in alcune aree del territorio suddivise tra i due Paesi tenendo conto che i nostri vicini hanno minori forze a disposizione rispetto a noi e quindi ci sarà un impegno maggiore da parte del ministero dell’Interno». Anche attraverso «una serie di posti di blocco» non soltanto «in autostrada, ma anche lungo le statali e in particolare sulla 54 e sulla 56».
Sul tavolo del ministro è stato quindi posto – specialmente dai sindaci dei capoluoghi – il tema, a dir poco spinoso, della gestione, e dei relativi costi economici (elevati) dei minori non accompagnati. E in quest’ottica Lamorgese ha deciso di giocare su un doppio binario. Da una parte, infatti, ha invitato i primi cittadini della regione ad aderire, prima di tutto, ai progetti integrata “Siproimi”.
«Il Friuli Venezia Giulia – ha detto infatti Lamorgese – è l’unica Regione d’Italia dove nemmeno un Comune ha attivato progetti di questo tipo che possono consentire di accedere a fondi nazionali ed europei aiutando i Municipi, quindi, anche da un punto di vista economico». Dall’altra, invece, c’è il tema della quarantena, che riguarda anche i maggiorenni. «La questione dei migranti che tentano la fuga dai centri desta allarme sociale – ha ammesso il ministro –. Oggi il sistema dei controlli è molto più puntuale dall’inizio della pandemia, vengono eseguiti i tamponi, c’è una maggiore sicurezza. Ma esiste il problema di trovare strutture che possano essere adeguatamente monitorate e sorvegliate. Per questo i prefetti della regione saranno chiamati a presentare un pacchetto di proposte «per utilizzare, nel caso, caserme che possano consentire la sorveglianza sanitaria necessaria a evitare rischi alla popolazione».