Barilla mantiene alta la produzione: «Cibo esigenza primaria, non molliano»
Contromisure da subito con turni sfalsati e distanziamento. Nessun contagiato fra i quattrocento dipendenti
CASTIGLIONE DELLE STIVIERE
Lo stabilimento Barilla di Castiglione continua a sfornare ad alto ritmo biscotti, crackers e snack salati. Un impegno necessario per far fronte alla richiesta degli italiani, confinati a casa, di avere cibo a disposizione. Ma per la più grande fabbrica di biscotti d’Europa, adeguarsi alle misure sanitarie imposte dai decreti del governo ha rappresentato una sfida di riorganizzazione interna. Gestita nella consapevolezza dell’essere da un lato parte di una grande azienda di importanza mondiale, dall’altro del poter contare su risorse umane e organizzative coese. Un fatto riconosciuto dalla stessa proprietà che ha voluto ringraziare i quasi 3mila dipendenti in Italia citandoli nome per nome in due pagine di giornale acquistate recentemente per l’occasione.
Lo stabilimento Barilla è nato a Castiglione nel 1970. Ha undici diverse linee produttive che sfornano 36 diversi prodotti: le linee di biscotti Mulino Bianco come Galletti, Macine e Tarallucci oltre a crackers e Michetti. Con una potenzialità di 130mila tonnellate annue (250 kg di prodotto al minuto) è leader in Europa. Oggi i dipendenti sono circa 400 con una produzione attorno alle 110mila tonnellate. Poche le assenze in fabbrica e nessun contagiato alla settima settimana di pandemia. «All’inizio - spiega Cinzia Bassi, 46enne piacentina prima direttrice donna del gruppo, a Castiglione da tre anni - ci siamo trovati come tutte le aziende a dover gestire l’emergenza con i mezzi a nostra disposizione, a partire dalle mascherine che già disponevamo e che poi il gruppo ci ha fornito in notevole quantità. Da subito però abbiamo capito che la chiave di volta era il distanziamento, cosa che già avveniva nel nostro stabilimento per regole igieniche. Abbiamo introdotto già da inizi marzo delle contromisure, creando ad esempio tre turni sfalsati di 15 minuti per diminuire i contatti in ingresso e uscita, aumentando i tavoli in mensa e anche qui creando turni, dando la priorità ai dipendenti. Aumentando le sanificazioni». Regole che, nonostante all’inizio qualche dipendente chiedesse di chiudere le stabilimento, sono state pienamente accettate. «Ho trovato grande senso di responsabilità e maturità da parte di tutti - spiega la direttrice - e le regole sono state concordate anche con i sindacati. A chi voleva stare a casa, magari perché preoccupato, abbiamo concesso di farlo, senza forzare nessuno a lavorare».
La produzione nel periodo era alta ed è stata mantenuta, sostenuta dall’incremento della richiesta. «La domanda di pasta, sostituti del pane, biscotti, rimane alta - conclude la direttrice - La filiera ha funzionato e non abbiamo avuto problemi né dai fornitori di materie prime, né dalla catena della logistica. E nemmeno dal settore delle manutenzioni e delle pulizie. Ovviamente abbiamo messo in stand by progetti di sviluppo». Se i dipendenti sono al lavoro, la dirigenza come si è comportata? «Anche noi siamo tutti presenti in fabbrica . Eticamente non sarebbe stato giusto. La nostra è una cultura aziendale basata sul buon esempio».