Abano. "Noi, famiglie a reddito zero dopo la chiusura degli hotel termali"
Lei fanghina, lui cuoco: «Da un mese viviamo con i risparmi». Mamma-cameriera: «È diventata dura anche fare la spesa»
ABANO
Senza stipendio, in attesa degli ammortizzatori sociali, con lo spettro di non riuscire più ad andare avanti. Le famiglie dei lavoratori negli hotel e negli esercizi commerciali del bacino termale euganeo sono disperate, spalle al muro. E chiedono aiuto alle istituzioni. L’arrivo del coronavirus è stato per loro non solo un’emergenza sanitaria, ma anche uno tsunami lavorativo. E quindi economico.
Contratto a tempo indeterminato o determinato, ormai poco cambia. Tutti a casa, in attesa che arrivino i primi soldi stanziati con il Decreto, che concede ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato, per questioni d’urgenza, quel Fis, Fondo integrativo salariale, che da un paio di anni era stato sospeso. Il Decreto concede anche la cassa integrazione in deroga.
Per coloro che hanno contratto a tempo determinato c’è sempre la Naspi, l’ammortizzatore sociale che consente loro solitamente di percepire lo stipendio quando l’azienda alberghiera è chiusa. Ma gli ammortizzatori sociali consentono al dipendente di percepire l’80% della paga mensile che regolarmente incassa. Lo stipendio medio dei lavoratori del comparto è di 1.300-1.400 euro con scatto d’anzianità, 1.050 euro invece senza l’anzianità.
In una situazione del genere è allora palpabile la disperazione delle famiglie termali, soprattutto di quelle che vivono di turismo e che - di fatto - sono mono-reddito.
Come quella di Donatella Bagatella, fanghina all’hotel Dolomiti, e di Rizziero La Rocca, cuoco in un ristorante di Abano. «Ho smesso di lavorare lo scorso 23 febbraio», racconta Donatella Bagatella, 62enne residente a Montegrotto. Grazie al cielo ho percepito lo stipendio di febbraio, circa 1.300 euro, sennò veramente non saprei come fare, dato che mio marito, cuoco in un ristorante di Abano, anche questo ora chiuso, prende con un contratto part-time 700 euro al mese. Non posso che ringraziare l’umanità e la disponibilità della proprietà che, facendo sacrifici, è riuscita a pagare gli stipendi di febbraio nonostante la crisi del momento. Quei soldi sono stati una boccata d’ossigeno. Ma se va avanti così e non arrivano gli ammortizzatori sociali, tra un mese non so come faremo a vivere».
Donatella Bagatella aggiunge: «Stiamo anche aiutando nostra figlia che ha tre figli. In questa situazione», riflette preoccupata, «non solo sarà dura continuare a dare un aiuto a loro, ma anche fare la spesa per noi. Come tutti i veneti ho fatto un po’ la formichina e ho messo via qualcosa, ma non basterà per rimanere in piedi, se non arriveranno liquidità fresche. Teniamo presente che ho smesso di lavorare l’8 dicembre e che avevo appena ripreso a febbraio. Praticamente qui si rischia di non lavorare per 5-6 mesi l’anno».
La famiglia La Rocca e Bagatella sta già prendendo provvedimenti. «Stiamo già tagliando alcune cose quando andiamo a fare la spesa e stiamo cercando di centellinare l’uso di riscaldamento ed energia elettrica».
Non va meglio a Luigina Moro, 50enne di Galzignano Terme, cameriera ai piani dell’hotel Bologna di Abano, che vive con il figlio neo 18enne. «L’albergo dove lavoro è chiuso dall’Epifania e va sottolineato che, avendo un contratto a tempo indeterminato, ero a casa già da mesi senza soldi, dato che non veniva più garantito il Fis», spiega allargando le braccia. «L’ultimo stipendio che ho percepito è quello di gennaio, ovviamente appena 400 euro. L’albergo avrebbe dovuto riaprire per la stagione primaverile, proprio nei giorni in cui il Decreto ha di fatto chiuso gli hotel. La proprietà ha già avvisato noi dipendenti, attraverso una lettera, che presume di riaprire, se tutto andrà per il meglio, il prossimo 7 giugno. Ciò vuol dire, quindi, 6 mesi senza lavoro».
«Il problema è che di questo passo mio figlio ed io difficilmente riusciremo ad andare avanti», prosegue pensierosa Luigina Moro. «Sarà difficile fare la spesa, pagare qualsiasi cosa. È una situazione da non dormirci la notte. Sono molto preoccupata e, come me, lo sono anche tutti gli altri colleghi che lavorano negli hotel». In quelli del bacino termale euganeo, è bene ricordarlo, attualmente lavorano ben 3.500 addetti.
I dipendenti sono seguiti da vicino dal sindacato Fisascat Cisl, che non solo sta dando un supporto tecnico, ma anche psicologico in un momento davvero complicato. «Non possiamo dimenticarci dei nostri lavoratori, che hanno bisogno di denaro immediato e non tra tre mesi e di supporto a 360 gradi», osservano i sindacalisti Mauro Dilavanzo e Marco Bodon. —