Siria, Erdogan: “Non dichiareremo mai cessate il fuoco”. Telefonata con Putin: “Il presidente turco presto a Mosca”
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Ankara dice di non essere preoccupata per le sanzioni Usa, firmate ieri dal presidente Trump. In giornata è previsto l'arrivo di Mike Pence, insieme al segretario di Stato Mike Pompeo e al Consigliere per la sicurezza nazionale Mike O'Brien. Intanto, nella notte un attacco avrebbe centrato un avamposto delle forze di Damasco nel Nord-Est della Siria
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“Non dichiareremo mai cessate il fuoco”, è la risposta del presidente turco Recep Tayyp Erdogan a Donald Trump, che nelle scorse ore si era detto “pronto a distruggere rapidamente l’economia turca” e ha chiesto ad Ankara di interrompere le operazioni militari in Siria. Erdogan ha aggiunto di non essere preoccupato per le sanzioni americane – firmate dallo stesso Trump – contro la sua offensiva. Le sue affermazioni arrivano mentre il vice presidente americano Mike Pence si appresta a partire per la Turchia insieme al segretario di Stato Mike Pompeo e al Consigliere per la sicurezza nazionale Mike O’Brien, proprio con l’obiettivo di cercare di ottenere un cessate il fuoco. L’incontro con Erdogan è in previsione per domani, 17 ottobre.
Da Mosca il Cremlino fa sapere che la situazione in Siria è stata al centro di una conversazione telefonica fra il capo del governo di Ankara e il presidente russo Vladimir Putin, avvenuta per “iniziativa della parte turca”. Secondo le agenzie russe, Putin ha invitato Erdogan a Mosca e il presidente turco ha accettato: si recherà nella capitale russa “entro pochi giorni”. I due leader hanno discusso della situazione nel nord della Siria sottolineando “la necessità di prevenire i conflitti tra le unità dell’esercito turco e le truppe del governo siriano”, ha detto il Cremlino. Secondo il servizio stampa della presidenza, il leader russo ha attirato l’attenzione sull’aggravarsi della situazione umanitaria nelle regioni lungo il confine tra Siria e Turchia. “Il capo dello Stato ritiene inammissibile consentire a miliziani di organizzazioni terroristiche, tra cui lo Stato islamico, che sono sorvegliati dalle unità armate curde, di sfruttare questa situazione”, ha osservato il Cremlino. Dall’emittente Ntv, Erdogan fa sapere che dovrebbe terminare a dicembre, o forse già a novembre, la consegna alla Turchia dei componenti del sistema missilistico di difesa S-400 acquistato dalla Russia, la cui consegna è iniziata lo scorso luglio. Per il governo turco il sistema “non rappresenta un problema per la Nato” ed è indispensabile per la “sicurezza nazionale”.
Intanto, la guerra prosegue: ci sarebbero almeno due morti tra le forze di Damasco a causa di un attacco dell’artiglieria delle truppe turche e dei ribelli alleati che nella notte avrebbe centrato un avamposto delle forze di Damasco nel nordest della Siria. Lo hanno riportato nelle ultime ore gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui ci sarebbero anche diversi feriti tra le forze di Damasco. Secondo quanto si legge sul sito web dell’Osservatorio, i militari turchi e i ribelli alleati hanno attaccato un’area a est di Ayn Issa, teatro – nel pomeriggio del 15 ottobre – di scontri tra le forze turche e l’alleanza curdo-araba delle Forze democratiche della Siria (Fds). Stando agli attivisti, negli scontri sono morti nove combattenti delle Fds e 21 ribelli sostenuti dalla Turchia. Da Ankara, il ministero della Difesa parla di 637 miliziani curdi “neutralizzati”: termine con cui i militari turchi indicano i miliziani uccisi o catturati. Si tratta, secondo il ministero, di “terroristi Ypg/Pkk” colpiti nell’’Operazione fonte di pace’.
Al di là dell’oceano, i leader repubblicani e democratici al Congresso americano e i vertici delle commissioni Esteri e Forze armate di Camera e Senato dovrebbero incontrarsi oggi alla Casa Bianca col presidente Donald Trump per discutere la situazione siriana. Lo riferisce la Reuters sul suo sito, citando fonti di Capitol Hill. All’incontro, nel giorno della visita del presidente della repubblica italiana Sergio Mattarella, è prevista la partecipazione di Mitch McConnell, leader del Grand old party al Senato, e di Nancy Pelosi, speaker democratica della Camera. I colloqui coincidono con la crescente irritazione del Congresso per la decisione da Trump di ritirare le truppe Usa nel nordest della Siria, abbandonando gli alleati curdi all’offensiva turca.
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