Solo una piccola sforbiciatina al numero dei parlamentari
La decisione del governo sul taglio dei parlamentari è solo uno spot elettorale con la copertura assoluta del Presidente della Camera
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Sulla riduzione dei parlamentari la maggioranza di governo ha deciso di fare solo una sforbiciata ai numeri di deputati e senatori per fare uno spot elettorale. Nient’altro. I problemi strutturali che rendono da sempre non giustificabile il bicameralismo ripetitivo, dai problemi delle maggioranze diverse tra Camera e Senato al raccordo con le autonomie, quelli reali, che pesano sull’ordinamento, sono puramente e semplicemente ignorate.
Il punto però non è tanto o solo questo perché la maggioranza se vuole ha tutto il diritto di prevalere con la forza dei numeri, di sostenere tesi che a noi appaiono sbagliate, di riformare poco e male, ma di cui ha il diritto di assumersi la responsabilità.
Il punto è che la maggioranza, con la copertura assoluta del Presidente della Camera, temeva di votare contro alcuni emendamenti, da quello sull’unica Camera con 500 componenti a quello per il voto ai diciottenni al Senato, e ha quindi deciso di ripararsi dietro l’idea di una riforma chirurgica dei soli numeri dichiarando inammissibili i più importanti emendamenti migliorativi. Una sfida evidente sia alla Costituzione, perché come chiarito dalla Corte nella recente ordinanza di gennaio, il potere di proporre emendamenti deriva direttamente dalla Costituzione, sia al Regolamento della Camera che consente di dichiarare inammissibili solo gli emendamenti “affatto estranei” alla materia trattata.
Queste gravi forzature con le quali, per usare le parole della Corte contro le indebite compressioni delle prerogative parlamentari, la “funzione legislativa” è “ridotta a una mera funzione di ratifica di scelte maturate altrove”, ci portano pertanto a un’intransigente opposizione e a valutare anche seriamente la strada del ricorso alla Corte costituzionale.
E’ una posizione facile da spiegare? Indubbiamente no, può essere una sfida al senso comune perché questi argomenti di merito e di metodo non sono facili da veicolare, ma in politica c’è un dovere più profondo di quello di seguire passivamente le strade più facili, quello dell’esercizio delle responsabilità. Quando Manzoni denunciava che “Il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune” esortava ad esercitare una responsabilità, a non abdicare ad un compito difficile, a non perdersi per paura di perdere. Ciò non esonera ovviamente dal dovere di farsi capire, ma prima viene la responsabilità dei giudizi di merito e la difesa della dignità del Parlamento come stabilita dalla Costituzione.
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