È una questione da 7.678.174.656 risposte, tante quanti sono gli abitanti della terra: perché balliamo? La risposta che le riassume tutte potrebbe essere: balliamo semplicemente perché siamo vivi. E perché è bello: essere vivi e ballare. Lo sanno bene, e ce lo spiegano, i protagonisti setacciati nel mondo e raccolti nelle cinque puntate - Storie, Provocazione, Anima e corpo, Identità, Eros - di «Dance. Perché balliamo», la nuova serie di documentari di Sky Arte (canali 120 e 400) disponibile dal 29 aprile, Giornata mondiale della danza.

Akram Khan, ballerino e coreografo. È la voce e il volto di "Dance. Perché balliamo" (SkyArte, dal 29 aprile)
Akram Khan, ballerino e coreografo. È la voce e il volto di "Dance. Perché balliamo" (SkyArte, dal 29 aprile)

Dance. Perché balliamo, il progetto

Il risultato è un’accurata wiki-dance da seguire lasciando i piedi footloose, liberi di muoversi. Volto e voce del programma è Akram Khan, ballerino e coreografo da triplo inchino, lo stesso che ha curato la sequenza della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra, nel 2012, un membro dell’Ordine dell'Impero Britannico per i suoi meriti sul palcoscenico, capace di fare un uso “politico” della danza. E di usarla per raccontare la storia: “Xenos”, il suo ultimo spettacolo, commissionato per il centenario della Grande guerra, ricorda il contributo dei soldati indiani in quel conflitto; “Outwitting the Devil”, in prima mondiale il prossimo luglio a Stoccarda, si ispira all’epica di Gilgamesh per riflettere sul potere della memoria.

Danza: un linguaggio universale, instintivo, traversale e genderless

L’essere umano balla. È un fatto. A Buenos Aires, il tango. In India, il kathak. A Memphis, il jookin. Bastano un suono, un po’ di ritmo. E ci si muove. Lo fanno, spesso ai fini del corteggiamento, gli animali: l’uccello del paradiso si mette sulle punte e agita la testa. Lo fanno i bambini. Lo fanno i Sannyasin e i Sufi, come prima forma di meditazione. Lo fate voi. «È genderless, non appartiene a nessuna razza, attraversa ogni strato della società: la danza, ce lo insegna il Mahābhārata, è una questione universale», dice Akram Khan alla platea del Sadler’s Well Theatre, teatro londinese consacrato alla danza, durante la presentazione del programma. «Qualcuno ha voluto tracciare una linea invalicabile tra chi balla in scena e chi assiste dalla platea. Rendendo la danza qualcosa di siderale: qui invece non si tratta di capirla o meno, ma di creare un dialogo attraverso il ballo». Nato in Inghilterra da genitori originari del Bangladesh, cresciuto guardando Charlie Chaplin, Superman e Fred Astaire - «tutti eroi dalla pelle bianca, perciò passavo le ore a strofinare la mia» - Khan ha avuto la sua epifania il giorno in cui ha scoperto Michael Jackson. E ha saputo di poter avere, anche lui, specificità, corpo e una propria voce.

Lil Buck, astro del jookin di Memphis
Lil Buck, astro del jookin di Memphis

Niente è eccitante e aggregante quanto il ballo

Ora: il sociologo Émile Durkheim, un pensatore di metà Ottocento, parla a un certo punto dei suoi studi di «effervescenza collettiva», il sentimento di appartenere a un gruppo attraverso un’attività che produce un’eccitazione generale e condivisa. È la stessa elettricità che fa vibrare all’unisono gli appassionati di sport, per dire. La danza avrebbe lo stesso effetto: sincronizza il pensiero delle persone che si muovono assieme nello stesso momento. Ci sono le prove. Il coreografo francese Boris Charmatz trasforma per esempio l’area dell’aeroporto di Tempelhof a Berlino in un unico dancefloor, invitando tutti a diventare parte attiva di una sua performance. Respira, muoviti, divertiti: il suo invito viene raccolto gradualmente da sempre più persone, e il risultato finale è strepitoso.

È uno dei passaggi dell’episodio di “Dance” scelto per l’evento londinese, che ha come filo conduttore l’identità: si balla per appartenere a qualcosa, per esistere attraverso i propri simili, per vedersi riconosciuti anche fuori dal gruppo. Come è stato per i ballerini di vogueing, resi celebri da Madonna, raccontati da Jennie Livingston in “Paris is burning” e ripresi quest’anno dalla serie tv “Pose”: be’, volendo fare l’esperienza, il vogueing si balla ancora a Brooklyn, alla House of Yes! e si insegna a Manhattan, al Broadway Dance Center. Ma se volete fare il salto, cercate il jookin e Lil Buck, che ha portato il moonwalk a livelli inimmaginabili, facendo morire con tutt'altro stile persino il cigno di Ciaikovski.

Dance. Perché balliamo arriva su Sky Arte (canali 120 e 400) il 29 aprile 2019