«Poteri ai sindaci e gestione dei flussi. Basta con la storia che Venezia muore»
L’assessore Venturini parla dell’industria dell’ospitalità dopo Covid. «Torneranno i numeri, ma non subito. Puntiamo su italiani ed europei»
L’INTERVISTA
Superare il conflitto permanente con i residenti, aumentare la permanenza media, distribuire meglio i flussi durante l’anno e attraverso la città, maggiori poteri di gestione ai sindaci. Ma prima di tutto, modificare il racconto di una Venezia che muore, che invecchia, che sprofonda. Altrimenti, la strada in salita diventerà un muro invalicabile.
Gli appunti nell’agenda del neo assessore al turismo Simone Venturini, 33 anni, avvocato di Marghera, in politica da più di un decennio, descrivono un lavoro tutt’altro che semplice. In questi giorni sta lavorando per recuperare i fondi europei per una campagna di promozione che parli al turismo italiano e a quello delle regioni alpine più prossime, dalla Svizzera all’Austria, in attesa della riapertura del turismo e dei voli aerei.
«Venezia, come non l’avete mai vista. Venezia, solo per voi» potrebbe essere il messaggio che punta su un periodo della città senza il turismo di massa, senza la tendenza «cafonal» che accompagna inevitabilmente i grandi numeri.
Assessore, come deve ripartire il turismo a Venezia?
«Nei numeri del turismo prima del Covid ci sono delle evidenti criticità. Mi viene in mente la permanenza media, molto bassa per una città come Venezia. Poi la compatibilità con i residenti, soprattutto in determinati periodi dell’anno: il turismo dev’essere amico dei veneziani, non può esserci un continuo conflitto. C’è il nodo dei poteri ai sindaci, che devono poter regolare ad esempio le locazioni turistiche e il commercio. E’ assurdo che il Comune non possa regolare il numero dei take away invece che i negozi di souvenir. Servono maggiori competenze, ma noi questi poteri non li abbiamo».
Che cosa farete, per questo?
«Ho scritto al ministro del turismo, Dario Franceschini, chiedendo l’apertura di un confronto tra il governo e le città d’arte italiane Roma, Firenze, Napoli, Milano, che insieme a Venezia rappresentano un biglietto da visita del turismo nazionale. Potrebbe essere questa l’occasione, visto il momento storico, per dare ai sindaci i poteri che chiedono. Per ora non mi ha risposto, ma ci conto».
Questa situazione è tuttavia figlia di una monocoltura turistica cui Venezia è sprofondata, non crede?
«La monocoltura turistica è un tema globale, tutto il mondo si è messo a viaggiare all’inizio degli anni duemila. Ma lo sappiamo benissimo che non si può vivere di solo turismo, questa è l’occasione per correggere quelle distorsioni che ci sono, soprattutto in certi periodi, e per le quali c’eravamo mossi ottenendo il contributo d’accesso, di cui riparleremo nel 2022».
Su cosa deve puntare, dunque, la città oltre al turismo?
«Venezia vive con le sue università e le istituzioni culturali, con il porto che dà lavoro a migliaia di persone, con la riconversione di Porto Marghera, con le attività in terraferma. Venezia è tutto questo insieme e molto altro. Bisogna anche uscire dall’abitudine, invero molto diffusa, dell’autoflagellazione cui molti partecipano: la città che muore, che invecchia, che sta affondando. Chi racconta solo questo non fa bene alla città».
Che ne sarà del district hotel di Mestre?
«Il district hotel funziona se saprà collegarsi alla città di terraferma e offrire opportunità di tempo libero ai turisti che durante la giornata sono a Venezia».
Come ne uscirà Venezia da questo periodo?
«Ne uscirà certamente con le ossa ammaccate: molte persone, molte imprese stanno vivendo periodi preoccupanti, ma ne usciremo. Il 2021 sarà un anno di assestamento, il 2022 vedremo ripartire il turismo a noi più vicino, il 2023 forse ci sarà una ripresa».
Cosa pensa del turismo crocieristico?
«Il turismo delle crociere deve convivere con la città, soprattutto quello che vede Venezia come home port. Ma da otto anni le istituzioni dimostrano di non aver saputo fare delle scelte strategiche, perchè è un tema spinoso». —
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