Salvi 35 pazienti, via libera all’ozonoterapia. A Udine la prima sperimentazione in Italia

Il Comitato etico regionale ha approvato il trattamento testato dall’anestesista De Monte su persone affette da Covid-19

UDINE. Il dado è tratto. L’équipe guidata dal direttore del Dipartimento di anestesia e rianimazione dell’Azienda sanitaria universitaria “Friuli centrale”, Amato De Monte, è stata autorizzata ad avviare uno studio randomizzato sull’utilizzo dell’ozonoterapia su pazienti Covid-19.

E cioè sulla metodica che, nei giorni scorsi, aveva contribuito a migliorare le condizioni cliniche e, in alcuni casi, anche già a dimettere dall’ospedale 35 su 36 pazienti ricoverati nella clinica Malattie infettive.

Il via libera è arrivato - giovedì 9 aprile - dal Comitato etico unico regionale del Friuli Venezia Giulia e potrebbe presto essere replicato dai colleghi delle altre regioni in cui è già stato manifestato interesse per l’attività condotta nell’ospedale friulano su malati che rischiavano di essere trasferiti in Terapia intensiva e che hanno finito per imboccare invece la via di casa.

Al protocollo potrebbero infatti aderire a breve anche altri centri italiani interessati a sperimentare a propria volta, sotto la guida della capofila udinese, il trattamento su pazienti non ancora intubati.

Dall’Aifa a Udine

Al comitato di esperti presieduto dal cardiologo Claudio Fresco sono bastati pochi giorni per esaminare lo studio e decidere di dare luce verde. Anche perché le premesse per sperare in una svolta nella cura delle persone contagiate da Covid-19 c’erano già tutte.

E in effetti la sperimentazione sarebbe potuta cominciare anche prima. A ritardarne la partenza è stato il rimpallo di competenze sull’autorizzazione. Classificando in un primo momento l’ozonoterapia come farmaco e non come trattamento, l’Agenzia italiana del farmaco aveva ritenuto di doversene occupare insieme al Comitato etico dell’istituto Spallanzani di Roma, indicato dal decreto “Cura Italia” come referente unico per gli studi farmacologici Covid. Poi la qualificazione è cambiata e, lunedì, il plico è tornato a Udine. E dalle parole, quelle scritte sul protocollo e dimostrate già dai primi risultati, si è passati ai fatti.
 

Il protocollo

Lo studio sarà testato su 200 o poco più pazienti, individuati attraverso un software che deciderà chi sottoporre a un trattamento e chi all’altro: metà con una terapia antivirale standard e l’altra metà con antivirali associati a trattamento con ozonoterapia sistemica. L’assegnazione, quindi, sarà affidata al caso, come previsto appunto per gli studi randomizzati.

Poi, una volta completato il ciclo, i risultati saranno confrontati, per verificare l’efficacia dell’approccio clinico, e quindi pubblicati. La sperimentazione, che non terrà conto dei 35 pazienti già trattati, potrà peraltro essere estesa anche al di fuori del perimetro del “Santa Maria della Misericordia”, coinvolgendo gli altri ospedali della regione e d’Italia che, previa autorizzazione dei rispettivi comitati etici, chiederanno di aggregarsi.

Eventualità per nulla remota, questa, vista l’attesa con cui, un po’ dappertutto, si guardava a Udine. Chiunque aderirà al protocollo, comunque, dovrà attenersi a quanto in esso prescritto.

La metodica

La procedura, in sé, è abbastanza semplice: si prelevano 200 mllilitri di sangue dal paziente, li si fa interagire per una decina di minuti con l’ozono e poi li si reiniettano. Così per tre o quattro volte al massimo. L’infusione di ozono, se applicata precocemente, su persone non ancora intubate – sostiene lo studio e ha dimostrato già il primo giro di trattamenti -, contribuisce a potenziare la risposta dell’organismo nella lotta contro gli effetti dell’infezione in atto, rallentando l’infiammazione e riducendo i danni ai polmoni.

Nella peggiore delle ipotesi la terapia non funziona: effetti collaterali non ne esistono. Il protocollo è stato messo a punto dal Dipartimento di anestesia e rianimazione, con il coinvolgimento dell’anestesista Giovanni Serman, in collaborazione con la clinica Malattie infettive diretta dall’infettivologo Carlo Tascini.

Richieste da altri centri

La soddisfazione all’ospedale di Udine, ieri, era palpabile. Anche perché questo è il secondo placet del Comitato etico Fvg a un lavoro sull’ozonoterapia. «Il primo, relativo al trattamento su pazienti con problematiche vascolari agli arti inferiori – ricorda De Monte – era già stato approvato poco prima che scoppiasse l’epidemia. E questo non può che inorgoglirci, vista la perseveranza con cui, da anni, portiamo avanti questa metodica.

Ora, per il nuovo protocollo che il Comitato etico ha avuto la lungimiranza di approvare – continua –, abbiamo già diversi centri interessati, tra cui l’università di Siena, con la professoressa Emma Borrelli, che dirige il master di ozonoterapia (di cui lo stesso De Monte è docente, ndr). La mia speranza è che questo studio possa diffondere l’utilizzo dell’ozonoterapia, diventando un aiuto prezioso alla medicina nel trattamento di Covid-19». —