Così vogliamo ridurre le disuguaglianze
Il nodo da aggredire è la questione sociale. Ecco perché la politica fiscale sarà un terreno cruciale per la prossima manovra di bilancio
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L’economia italiana è ferma, ma il governo litiga e pensa ad altro. Per uscire dalla stagnazione servirebbe una terapia d’urto, ma il governo sta somministrando all’Italia due pannicelli caldi: i decreti “sblocca cantieri” e “crescita”. Inutili, se non addirittura dannosi. Il primo rischia di complicare ulteriormente le procedure per le opere pubbliche. Il secondo è un insieme disorganico di norme con un impatto economico del tutto marginale. All’orizzonte, rimangono la concreta spada di Damocle dell’aumento IVA (già deciso, da scongiurare) e la vacua promessa della “flat tax” di Salvini e Siri. Chiunque capisce che così non si va da nessuna parte. Serve un cambio di rotta, e serve subito, prima che le condizioni economiche e finanziarie del Paese superino il livello di guardia.
La politica fiscale sarà un terreno cruciale per la prossima manovra di bilancio. Su due versanti.
Il primo è l’IVA. L’aumento delle aliquote sarebbe una misura regressiva (a danno dei meno abbienti, che hanno una propensione al consumo più elevata) e depressiva (perché cadrebbe come una mannaia sui consumi degli italiani). Va bloccato, anche se i soldi da trovare sono tanti: 23 miliardi l’anno prossimo, 29 miliardi dal 2021. Tanti, ma non impossibili da recuperare, facendo due operazioni che il governo Lega – Cinque Stelle si è finora ben guardato dal mettere in atto. Un programma serio di contrasto dell’evasione fiscale, innanzitutto: una vergogna che ogni anno sottrae all’erario 110 miliardi, di cui circa 35 relativi alla sola IVA. Finora Lega e Cinque Stelle hanno promosso il festival dei condoni travestiti da “pace fiscale”. Ora è il momento di fare sul serio. L’aumento IVA è di per sé negativo. Sarebbe doppiamente negativo in assenza di interventi efficaci per recuperare l’IVA evasa. La seconda azione decisiva è la riqualificazione della spesa pubblica (finita nel dimenticatoio) e la riorganizzazione delle agevolazioni fiscali (ripetutamente annunciata, ma mai concretizzata). Tutto e subito è impossibile, naturalmente. Ma il governo ha colpevolmente perso mesi preziosi.
Il secondo versante è la riforma del sistema fiscale. La Lega propone da tempo la “flat tax”, cioè l’idea di riorganizzare l’IRPEF con una sola aliquota valida per tutti. Un’idea di una semplicità attraente, in apparenza, ma assolutamente regressiva. A differenza di quanto accade oggi, con la tassa “flat” chi guadagna tantissimo avrebbe la stessa aliquota di chi sta peggio. Un bel regalo ai più abbienti, una bella fregatura per le famiglie più fragili, che non avrebbero alcun beneficio. In parole povere, una proposta sbagliata da tutti i punti di vista.
Il nodo da aggredire è un altro: è la questione sociale di un Paese in cui un lavoratore su otto è in condizione di povertà (“working poor”) e la classe media si è molto indebolita. Il salario minimo legale uguale per tutti proposto dai 5 Stelle è una scorciatoia demagogica e controproducente, che rischia di spiazzare la contrattazione collettiva nazionale. La via maestra è diversa. Da una parte rafforzare la contrattazione collettiva, attribuendo valore legale ai minimi tabellari dei contratti firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative. Dall’altra, ridurre il carico fiscale sui salari, che da tempo vede l’Italia ai vertici tra i Paesi avanzati. La proposta su cui sta lavorando il PD va esattamente in questa direzione. Un intervento di dimensioni importanti – circa 15 miliardi di euro – per ridurre il carico fiscale (abbattendo i contributi INPS a carico dei lavoratori) sui salari e gli stipendi bassi e medi, portando nelle buste paghe dei lavoratori fino a 1.500 euro netti in più l’anno. Se si apriranno spazi di manovra, chiederemo con forza che si segua questa strada. La strada dell’equità e della giustizia sociale. Il fisco è uno strumento molto importante per la politica economica. La Lega (con la complicità dei 5 Stelle) vuole imporre una ricetta costosa, sbagliata e iniqua come la “flat tax”. Noi la pensiamo in modo opposto: secondo noi la priorità è usare la leva fiscale per ridurre le disuguaglianze sociali, che negli ultimi vent’anni sono cresciute a livelli insopportabili, e rilanciare lo sviluppo economico, premiando le imprese che investono, che assumono che scommettono sulla sostenibilità ambientale e sociale.
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