Claudio Baglioni: «La voglia di lasciare il segno»
Sono passati sette anni dall’ultima volta che Claudio Baglioni ha inciso un album. Nel mentre, si è dedicato a nuovi progetti, a due Festival di Sanremo e a diversi show dal vivo, mettendo da parte le idee per un nuovo lavoro che potesse tenere alta la bandiera dei suoi cinquantadue anni di carriera mantenendo accesa la fiamma che lo ha sempre legato al suo pubblico. Pubblico che non rimarrà deluso ora che Baglioni è tornato con un nuovo album, In questa storia che è la mia, in uscita il 4 dicembre per Sony Music, un viaggio straordinario che, attraverso 14 inediti, porta il cantautore a riabbracciare molti dei temi tanto cari alla sua produzione, incluso l’amore in tutte le sue forme e sfaccettature. Attraverso il suo nuovo lavoro, che in collegamento su Zoom Baglioni stesso difinisce figlio di Oltre e di Strada facendo, l’artista torna con energia e voglia di fare, con il bisogno di rileggere la nostra storia e lasciare una traccia del nostro passaggio su questo mondo.
https://www.youtube.com/watch?v=dxMOEBJfNkQ«Il tempo è l’avversario micidiale di ognuno di noi: per quanto ci sforziamo di affrontarlo, vincerà sempre lui. Non possiamo fare altro che corrergli dietro, anche se il vantaggio di fare questo mestiere è pensare che ci sarà qualcosa, un ricordo, una memoria, un album, che resteranno anche dopo di noi. Nel primo verso di questo album dico proprio di aver vissuto per lasciare un segno, che, in fin dei conti, è il cammino di chiunque venga al mondo confidando che, una volta che la sua voce tacerà, ci sarà qualcosa che resisterà» spiega Baglioni che, in occasione del lancio, presenterà il suo nuovo lavoro in anteprima su RaiPlay e in diretta su Rai Radio2 giovedì 3 dicembre alle 21, in un intervento moderato da Malcom Pagani. «Ho cominciato a fare quello che faccio nel ’64 per caso, partecipando a concorso di voci nuove, e mi ritrovo ancora oggi a fare questo mestiere, anche se all’epoca ero convinto che il successo non sarebbe mai arrivato e che sarebbe durato poco. Non posso lamentarmi di questo viaggio» insiste ancora Baglioni che, nel 2021, tornerà, Covid permettendo, a esibirsi dal vivo nel tour Dodici note, che prevede 12 serate alle Terme di Caracalla di Roma dal 4 al 18 giugno prossimo più due tappe (il 16 e il 17 luglio) al Teatro Greco di Siracusa e altre due (l’11 e il 12 settembre) all’Arena di Verona. «Sono fiducioso di fare un grande concerto, sarà emozionante ricominciare, dato che siamo tutti un po’ arrugginiti».
Sulla sofferenza del mondo dello spettacolo causata dal Covid-19 Claudio Baglioni, infatti, spiega che «siamo rimasti tutti appiedati. Non ho ricette per risolvere questa situazione, tranne quella di rimboccarsi le maniche e cercare di provvedere personalmente al problema. Alcuni miei colleghi e io lo abbiamo fatto con delle sottoscrizioni personali che, in quanto private, non c’è bisogno di elencare: è venuto a mancare il 100% del lavoro che, rispetto ad altri settori, è quello più in difficoltà. Oltre ai sostegni di tipo economico, penso che dovremmo anche cercare delle nuove forme. Non sono d’accordo con chi dice che non si possano fare i concerti in streaming e in tv: bisogna, però, trovare una formula che sia accattivante. È chiaro che non sia la stessa cosa che dal vivo, ma se riuscissimo a dare delle nuove letture dei concerti potremmo creare delle nuove interazioni» racconta Baglioni. «Speriamo di essere meglio di come eravamo prima. Questo shock dovrebbe portaci a ripensare, a correggere, a rivedere. Non chiedo un mondo nuovo, ma di poter ricominciare a fare dei sogni al plurale. Oggi il mondo è troppo pieno di roba e, infatti, chi arriva fa molta fatica a inserirsi in qualche buco». A finire nel mirino di questo nuovo ordine delle cose, potrebbe anche essere il Festival di Sanremo 2021, che Claudio ha capitanato per due anni: «L’Ariston ha un profumo mitico, ma non è un grande teatro in termini di dimensioni. Penso che si farà a marzo con le dovute cautele e con quello che si potrà fare. Quando mi chiedono se tornerò come ospite penso a quel mio amico che mi diceva che non si può uscire Papi per tornare cardinali». Infine, un’ultima riflessione su uno dei motori non solo di In questa storia che è la mia, ma anche della sua intera produzione: l’amore. «Gran parte del mio lavoro ha come oggetto la disavventura del vivere, in modo particolare l’amore che, per quanto sia stato scandagliato, ha sempre qualcosa da raccontarci. L’amore è il primo, il secondo e il contorno quando ci sediamo a tavola».
(Foto in apertura di Alessandro Dobici)