Balene e orche, le storie degli animali che non ce la fanno (anche per colpa degli uomini)
L’ultimo in ordine di tempo è il cucciolo d’orca morto nel mare di fronte a Voltri. La madre lo ha trasportato negli ultimi giorni in un estremo tentativo di riportarlo in vita, ma per il piccolo del branco, che è insieme a un maschio, una femmina e un altro esemplare giovane, non ci sono speranze secondo i biologi. Il trascinarlo da parte della madre può durare alcuni giorni ed è una sorta di elaborazione del lutto. Solo quando sarà finito questo periodo ls carcassa dell’animale arriverà sulla spiaggia e la si potrà analizzare.
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Solo un caso eccezionale poteva portare le orche nel santuario dei cetacei forse alla ricerca di un luogo più riparato per far migliorare il piccolo. Mai questo tratto di costa aveva visto cetacei così vicini. Mai la costa Toscana aveva visto una moria di delfini come nella prima parte dell’anno a causa del virus Cemv, il Mobillivirus dei cetacei. Almeno una quarantina i casi.
Anomalia come le balene spiaggiate sul Tamigi e come il capodoglio trovato morto su una spiaggia dell’isola di Harris in Scozia. Nello stomaco i veterinari dello Scottish Marine Animal Strandings Scheme hanno trovato 100 chili di plastica: buste, attrezzatura da pesca, reti, guanti, bicchieri. I gas all’interno del mammifero hanno fatto esplodere gli organi interni.
Secondo l’associazione non si ha la certezza che il capodoglio sia morto perché la plastica ha bloccato il suo intestino, ma «il quantitativo trovato dimostra quanto i rifiuti e la plastica siano dannosi per la vita marina». Lo UK Cetacean Stranding Investigation Programme dice che, sulle spiagge britanniche, tra il 2011 e il 2017 si sono spiaggiati 4896 cetacei con un incremento del 15% rispetto ai sette anni precedenti. Ci sono casi in tutto il mondo, dalla Costa Smeralda all’Indonesia, passando per le Filippine.
A mettere a rischio tutte le altre specie è l’uomo. Secondo i dati del rapporto dell’Ipbes, organismo dell’Onu sulla biodiversità, è rischio di estinzione per un milione tra animali e vegetali, ovvero una specie su otto. Claudio Leonzio, docente di Scienze Ambientali ed Ecologia all’Università di Siena, ha spiegato a Vanity Fair che «gli esperti parlano di sesta grande estinzione di massa delle specie esistenti sulla Terra. A seguito dell’uomo tecnologico, della rivoluzione industriale, dell’aumento della popolazione mondiale siamo arrivati a mettere in crisi il pianeta e a creare le condizioni per la sesta estinzione di massa».