Eugenio Giani e i "Solo Toscani" si appellano al voto utile: «Si vince al primo turno»
Una piazza di Firenze nel cuore della Toscana per i toscani. Eugenio Giani, candidato del centrosinistra, sceglie una chiusura della campagna elettorale rigorosamente made in Tuscany («una tra le poche regioni, la nostra, che ha una traduzione in inglese» chiosa durante il suo intervento). Nostrana, non sottotono come era stato insinuato, che non ha bisogno di big nazionali come, invece, quella a poche centinaia di metri, piazza della Repubblica, dove c’è la sua antagonista del centrodestra, Susanna Ceccardi. È stata una scelta, ha spiegato l’onnipresente Giani che ha visitato con la sua precedente carica istituzionale tutti i 273 comuni della regione, quella di non avere la spalla del suo segretario, Nicola Zingaretti. E neppure del suo maggiore sponsor, Matteo Renzi(che era però tra il pubblico). Ha preferito piuttosto un’infermiera di Prato, Lorena Melani che ha lavorato con i malati di Covid, un professore , Stefano Mancuso, che ha parlato del riscaldamento globale. E un giovane startupper, Andrea Gori.
Che i toni, i suoni e gli odori siano diversi dall’altra piazza si capisce fin da fuori. Per entrare si lasciano le generalità e ci si igienizza le mani. Qui i negazionisti non sono ammessi. Davanti alla basilica di SS.Annunziata svetta un’immagine rassicurante con un mega schermo riempito di colline verdi, simbolo di quella Toscana che Eugenio Giani vuol continuare a tenere in continuità con “Enrico” (Rossi ndr), come ripete più volte nel suo lungo discorso.La piazza si riempie lentamente dalle 19 in poi. E si scalda. Le 900 sedie vengono tutte occupate. Alla fine anche le gradinate laterali saranno piene di gente. Circa 1500 i partecipanti, secondo lo staff di Giani. L’età media è alta, prevalgono le teste imbiancate. Poi, dopo le 20, ci sono innesti più giovani. Non ci sono bandiere di partito (solo alcune sparute di Italia Viva ). Perché quella piazza per la chiusura? Lo spiega Giani ampiamente (la storia è un suo pallino): il luogo è carico di simboli. Quelli cristiani (con la basilica), dell’accoglienza e della carità (da 600 anni qui c’è l’istituto degli Innocenti), della tolleranza (con la statua del granduca Ferdinando primo che dette l’impulso a Livorno e alla promulgazione delle “Livornine” ).
Giani arriva sul palco e si fa fotografare con l’ormai ex presidente della Regione Enrico Rossi e il sindaco di Firenze Dario Nardella. Sono loro le sue spalle politiche che gli regalano due interventi appassionati. Ora il rischio di non farcela si avverte e i tempi sono diversi, e allora bando ai distinguo e alle tensioni. Giani e la paura di una Toscana a trazione leghista hanno fatto un piccolo miracolo nel Pd che si è ricompattato e anche Renzi ora non è così lontano. Parte il sindaco di Firenze, padrone del palco che solca in tutte le direzioni. Il pubblico risponde bene. E lui piazza il colpo a effetto: «La ministra Paola De Micheli (ai trasporti ndr) ci ha dato 250 milioni per una nuova tramvia a Firenze . FdI le vuole cancellare tutte». E va avanti: «I nostri avversari sono lupi travestiti di agnelli, espressione di un mondo intollerante che non ha nulla a che fare con i nostri valori». Tocca a Enrico Rossi con un tema a lui caro: «A loro (al centrodestra ndr) manca un’idea di sanità pubblica come la nostra che di fronte all’ emergenza ha saputo muoversi bene. In Toscana non ci sono stati 17mila morti come in Lombardia. Gli interessi con loro finirebbero per incombere. E così per gli inceneritori. Ceccardi ha detto che ne vuole uno in tutte le province . Ecco gli interessi milanesi in arrivo. E poi il rischio, con loro che stanno con i neofascisti francesi, di perdere i finanziamenti dell’Europa». Alla fine fa un “mea culpa” politico e parla «dell’errore di non aver raccolto pulsioni diverse nel nostro popolo».
Arriva Giani, più pacato e meno teatrale degli altri due e senza citare direttamente la sua avversaria. Fa una summa del suo programma: dai nidi gratis, le infrastrutture con la fine della Toscana a due velocità, il lavoro, l’attenzione ai territori. E chiude dicendo che si vince al primo turno: «Il centrodestra e il centrosinistra sono sopra il 40% e col sistema elettorale toscano, se si raggiunge questa soglia, non si va al ballottaggio». Perciò lancia l’appello alle tante sinistre per il voto disgiunto. Perché la partita è aperta. Nulla è certo. E queste ore sono determinanti. —